La testimonianza di domenica 3 marzo a.c. dell’arcivescovo Szczepan Wesoły, direttore dell’ufficio stampa polacco durante il Concilio Vaticano II, ha dato inizio a un nuovo ciclo di incontri dal titolo “Il Concilio Vaticano II come bussola della nuova evangelizzazione”. Organizzato dal Centro di Documentazione e Studio del Pontificato di Giovanni Paolo II e dalla Pastorale dei Polacchi presso la chiesa di Santo Stanislao di Roma, il ciclo si propone di mettere in luce l’attualità del Vaticanum II, ricollegandosi a quanto affermato dal beato Giovanni Paolo II, che sottolineò come la nuova evangelizzazione avesse la sua fonte in quel Concilio, che costituiva la “bussola” della Chiesa nel nuovo millennio. Gli organizzatori desiderano discutere i temi rilevanti del magistero conciliare quali, tra l’altro, l’unità e la diversità della Chiesa, la libertà dell’uomo e la fedeltà al Vangelo o anche la problematica della Chiesa nel mondo contemporaneo.
La conversazione con l’arcivescovo Szczepan Wesoły è stata condotta da don Andrzej Dobrzyński. Si è parlato della storia del Concilio dall’annuncio della sua indizione da parte del beato Giovanni XXIII, il 25 gennaio 1959, fino alla sua chiusura, l’8 dicembre 1965, realizzata da Paolo VI. L’arcivescovo Wesoły ha sottolineato l’enorme lavoro di preparazione dei dibattimenti conciliari: al questionario della Commissione antepreparatoria inviato a tutti i vescovi, ai superiori generali ed alle facoltà di teologia, arrivarono circa 3000 risposte, che servirono alle commissioni speciali nominate per la preparazione dei progetti tematici, i cosiddetti schemi, inizialmente creati in numero di 70, ma successivamente ridotti a 22.
Il Concilio ebbe inizio l’11 ottobre 1962. I vescovi si radunarono alle sessioni autunnali a Roma, che durarono più di due mesi. Si svolsero poi le Congregazioni generali nella basilica di San Pietro, che servì anche da aula per gli oltre 3000 padri che presero parte ai lavori conciliari. Fra questi, purtroppo, non vi furono molti vescovi provenienti da oltre la cortina di ferro – fra i paesi dell’Est la Polonia fu quella che venne rappresentata dal maggior numero di pastori – che non poterono recarvisi. Alle sessioni parteciparono mediamente più di duemila vescovi. Nell’aula conciliare furono pronunciati circa 2500 discorsi, che furono registrati su nastri magnetici, e furono presentati 4500 interventi scritti. I dibattimenti nell’aula conciliare si svolgevano alla mattina, mentre al pomeriggio seguivano i lavori delle commissioni conciliari; ebbero inoltre luogo vari incontri all’interno dei diversi episcopati.
L’arcivescovo Wesoły ha evidenziato che tra i padri conciliari regnava una bellissima atmosfera e soprattutto vi fu, per i diversi padri, l’occasione di conoscersi e di scambiarsi le esperienze pastorali. In sostanza, si trattò di un’esperienza eccezionale dell’universalità della Chiesa. Al Concilio furono presenti anche oltre 400 teologi, la metà dei quali era costituita da esperti che ascoltavano i dibattimenti e lavoravano nelle commissioni; l’altra metà era formata da teologi che i vescovi avevano invitato a collaborare. Vi erano anche più di 40 uditori laici, tra cui il professor Stefan Swieżawski originario della Polonia, e più di 100 osservatori di altre confessioni cristiane.
L’arcivescovo Wesoły ha parlato inoltre dei documenti conciliari, sottolineando che la costituzione sulla liturgia venne scritta per prima, in quanto in gran misura era stata preparata dal movimento di rinnovamento liturgico. Ha evidenziato tuttavia che, a suo parere, il documento più importante del Concilio è la Costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium. A questo proposito occorre comunque ricordare che il Vaticanum II, sebbene si fosse occupato della Chiesa, fu un Concilio cristocentrico, in quanto Cristo è la “luce dei popoli” che la Chiesa porta al mondo contemporaneo. L’arcivescovo ha fatto anche notare l’importanza della Costituzione pastorale Gaudium et spes e delle dichiarazioni sulla libertà religiosa e sul rapporto della Chiesa nei confronti delle religioni non cristiane, documenti molto innovativi, che suscitarono grande interesse da parte della stampa, ma anche controversie. Il lavoro su questi testi fu difficile e spesso vennero introdotte delle correzioni. Complessivamente il Concilio promulgò 16 documenti.
Al termine dell’incontro è stata posta una domanda sul lavoro nell’ufficio stampa. L’arcivescovo ha rammentato che allora non c’erano fotocopiatrici e per preparare il bollettino stampa, che usciva in 14 lingue, bisognava utilizzare ancora la matrice per la stampa. Un’altra difficoltà era costituita dal fatto che i discorsi dei vescovi venivano tenuti in latino: inizialmente si provarono traduzioni simultanee nel corso dei dibattimenti, ma presto vi si rinunciò, per i problemi che la facile possibilità di errore avrebbe potuto causare. La maggioranza dei vescovi, infatti, conosceva bene il latino ma “alcuni padri conciliari parlavano in latino in modo tale che era difficile comprenderli”, come ha chiarito il relatore.