La scorsa domenica, 2 febbraio, si è tenuto a Roma un altro incontro del ciclo “Il Concilio Vaticano II come bussola della nuova evangelizzazione”, organizzato in comune dal Centro di Documentazione e Studio del Pontificato di Giovanni Paolo II e dalla Pastorale della chiesa polacca di San Stanislao. Era dedicato al tema del dialogo interreligioso ed intitolato: “Lo spirito di Assisi – conversazioni sulla religione”.
Nella prima parte il dr don Andrzej Dobrzyński ha presentato il profilo storico del rapporto della Chiesa nei confronti delle religioni non cristiane. Ha sottolineato che il problema era già presente agli inizi del cristianesimo. Ha ricordato l’insegnamento dei Padri della Chiesa sui “semi della Parola” presenti nelle religioni pagane come pure la comprensione corretta dell’affermazione di San Cipriano secondo la quale al di fuori della Chiesa non c’è salvezza, che indica soprattutto Cristo come unico Redentore e la missione redentrice della Chiesa. La conoscenza del mondo, le nuove scoperte geografiche contribuirono a continuare l’approfondimento della problematica della relazione tra la Chiesa e le altre religioni. Il processo di formazione della consapevolezza delle persone sul fatto che ogni uomo ha la stessa dignità, indipendentemente dalla religione professata, e che nella vita ci si deve lasciar guidare dal rispetto e dalla tolleranza per gli altri, durò centinaia di anni. Il relatore ha anche rammentato il legame della religione con la politica, cosa che più volte nella storia portò a guerre su sfondo religioso. Purtroppo si svegliavano i “demoni” dell’intolleranza e del disprezzo per le altre religioni. Arrivarono al loro apogeo nel XX secolo nelle ideologie del nazismo e del comunismo, portando persecuzioni, e soprattutto l’Olocausto del popolo ebraico compiuto dai seguaci di Hitler.
Il Concilio Vaticano II, se doveva tracciare il cammino della nuova evangelizzazione, doveva intraprendere la problematica del pluralismo religioso. Ciò stava profondamente a cuore a Giovanni XXIII che ordinò la redazione della bozza sulle relazioni della Chiesa con gli Ebrei. In definitiva fu creata la Dichiarazione sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane “Nostra aetate” nella quale venne espresso il rispetto per quello che, nelle grandi religioni del mondo, è autentico. In tale documento fu rilevato il significato particolare delle religioni dell’induismo, del buddismo nonché dell’islam e dell’ebraismo. Il Concilio sottolineò il legame tra la Chiesa e il Popolo di Israele al quale è unito dalla storia comune della salvezza; fu confermato che la scelta di quel popolo continua ad essere attuale, furono condannati l’antisemitismo e le condotte razziste.
Il comune denominatore delle affermazioni del Concilio sulle religioni è l’accentuazione dell’aspetto antropologico del fenomeno religioso. Le persone possono e devono essere unite dall’esperienza della ricerca della verità, di Dio e della spiritualità. Le religioni esprimono le aspirazioni nobili dell’animo umano. Pertanto il dialogo della Chiesa con le religioni non ha lo scopo di creare un’unica religione, ma di conoscersi reciprocamente al fine di imparare il rispetto e la convivenza. La Chiesa al Concilio sottolineò che la fede cristiana si unisce all’amore per tutti gli uomini. Tutti sono chiamati alla salvezza e perciò ogni cattolico ha l’obbligo di dare testimonianza della sua fede, ma anche di rispettare le persone appartenenti alle altre religioni. In tal modo la Chiesa delineò una tendenza rilevante alla sua missione nel mondo contemporaneo, affinché nell’evangelizzare si desse anche un contributo alla creazione dell’unione nella famiglia umana.
Nella seconda parte il prof. Zdzisław Kijas OFM Conv. ha presentato il contributo del beato Giovanni Paolo II al dialogo interreligioso. Ha aggiunto che il suo scopo era soprattutto l’attività in favore della promozione della dignità umana, della pace tra i popoli e dello sviluppo culturale.
Successivamente il relatore ha descritto i tre principali cerchi di sviluppo di questo dialogo sviscerati da Giovanni Paolo II. Il primo interessa il popolo ebreo. Ebbero un’importanza significativa e storica la visita del Papa alla sinagoga di Roma il 25 maggio 1986 e la definizione dei seguaci dell’ebraismo come “fratelli maggiori nella fede”. Il professor Kijas ha citato anche le parole del Santo Padre pronunciate all’Istituto Yad Vashem il 23 marzo 2000 e ha ricordato la sua preghiera presso il muro del pianto. Il disprezzo per il prossimo inizia dal disprezzo per Dio – è un avvertimento importante per il mondo contemporaneo – insegnava il Santo Padre.
Il secondo cerchio è costituito dal dialogo con l’islam. Il relatore ha rammentato uno dei discorsi del beato Giovanni Paolo II, pronunciati in Nigeria durante il pellegrinaggio del 1982 nel quale il Papa parlò di ciò che unisce i cristiani ed i musulmani. Tre anni dopo in Marocco ebbe luogo l’incontro memorabile con i giovani musulmani che ascoltarono il Santo Padre parlare del passato non privo di conflitti, che ebbero la loro fonte nella cattiva comprensione reciproca, e indicare il cammino verso un futuro migliore dell’umanità. “Dobbiamo rispettarci ed incoraggiarci a compiere opere buone”. Il Papa scorgeva ciò che unisce, ad esempio l’esperienza della preghiera, ed in tal modo insegnava il rispetto e la responsabilità per la pace nel mondo. Il terzo cerchio è costituito dal dialogo con le religioni dell’Asia. Agli incontri con i rappresentanti del buddismo, ad esempio, Giovanni Paolo II sottolineò la dimensione etica di quella religione. Evidenziò anche che, senza riconoscere il diritto naturale, non è possibile proteggere la coesistenza pacifica dei popoli.
Indubbiamente un momento di svolta fu l’incontro ad Assisi che si svolse il 27 ottobre 1986 ed al quale arrivarono più di 60 delegazioni. Erano presenti 13 rappresentanze delle altre religioni oltre al cristianesimo. Il professore ha evidenziato che ad Assisi non si trattò di pregare insieme, ma l’intenzione era che i rappresentanti delle varie religioni pregassero nello stesso luogo e tempo per un’unica intenzione, per la pace. L’umanità in tutta la sua differenziazione deve attingere alle fonti vivificanti, alla spiritualità nella quale è radicata la morale. Vi furono voci di obiezione riguardanti tale incontro, si manifestarono accuse sull’incoraggiamento, in questo modo, di comportamenti relativisti o irenisti. Il tempo dimostrò che si era trattato di un incontro profetico, che presentò un altro cammino verso la pace rispetto a quello tracciato dai politici che più volte mirano ad usare la religione per i propri scopi.
L’incontro è terminato con una conversazione nella quale ha preso parola tra l’altro don P. Ptasznik, citando molti ricordi di viaggio di Giovanni Paolo II che lui poté seguire da vicino. Ha sottolineato che il Santo Padre sapeva rispettare quello che nelle altre religioni è autentico e buono, per tale ragione si meritò l’ammirazione e il rispetto da parte dei loro seguaci.