Domenica 24 gennaio, nell’aula “Giovanni Paolo II”, presso la chiesa di Santo Stanislao a Roma, si è tenuta la presentazione della pubblicazione “Agca non era solo”. Il testo riporta la conclusione cui si giunge dopo un’indagine pluriennale, svolta dall’Istituto della Memoria Nazionale (IPN) di Katowice: l’implicazione dei servizi speciali comunisti nell’attentato a Giovanni Paolo II.
Il libro, pubblicato verso la fine del 2015 dall’IPN di Katowice e dall’Istituto Gość Media (rivista “Gość Niedzielny”), dopo la promozione in alcune città della Polonia, viene ora presentato nella Città Eterna, dove 35 anni fa ebbe luogo l’attentato alla vita del Santo Padre.
All’inizio dell’incontro il responsabile della ricerca, Andrzej Sznajder, direttore della Sezione dell’IPN di Katowice, ha sottolineato che nell’indagine sono stati usati nuovi documenti che permettono di indicare incontestabilmente come i servizi segreti comunisti, specialmente bulgari, che eseguivano gli ordini dei Sovietici furono i co-organizzatori dell’attentato del 13 maggio 1981. Nel corso delle indagini sono state raccolte ed eseguite analisi della documentazione dei processi tenuti in Italia e sono stati recuperati i documenti dei servizi segreti bulgari e della Stasi tedesca. In totale sono stati raccolti più di 220 tomi di atti e, grazie anche all’aiuto legale internazionale, sono state interrogate più di 100 persone.
L’indagine non ha portato a muovere delle accuse a persone concrete e non sfocerà in un processo giudiziario, tuttavia fornisce indubbiamente argomenti forti a sostegno dell’affermazione che i servizi segreti comunisti furono il “motore” della preparazione dell’attentato, e successivamente ostacolarono la conduzione dei processi giudiziari e la condanna dei colpevoli.
Il procuratore Ewa Koj, capo della Commissione per la persecuzione dei crimini contro la Nazione Polacca dell’IPN di Katowice, ha ricordato gli inizi dell’indagine e come, tale lavoro di ricerca, sia stato possibile grazie al sostegno ed all’impegno del prof. Janusz Kurtyka che allora dirigeva l’attività dell’IPN. Si era nella primavera del 2005, quando la stampa polacca, rivelando il contenuto dei documenti della Stasi riguardanti l’attento a Giovanni Paolo II, ha fornito l’occasione e il motivo per addentrarsi nuovamente nell’argomento.
Nel 2006, i procuratori dell’IPN di Katowice, danno inizio all’indagine che evidenziò, tra l’altro, come Giovanni Paolo II fosse rimasto fino alla fine della vita cittadino polacco; già questo avrebbe fatto sorgere il fondato sospetto che l’attentato sia stato un crimine del sistema comunista.
Fu il procuratore Michał Skwara a condurre l’indagine per più di otto anni; alla fine il caso fu archiviato e la decisione che portò a tale conclusione costituisce la parte più consistente del libro, ben oltre 270 pagine.
Nel suo intervento l’Oratore ha sottolineato il sorgere di nuovi elementi che, a suo parere, non soltanto gettano una luce nuova sull’attentato, ma sollecitano ad ulteriori dibattiti e ricerche e consentono, inoltre, di ipotizzare che la rete di spionaggio bulgaro partecipò direttamente e attivamente alla preparazione dell’attentato, usando l’ambiente criminale turco.
Fu un’operazione realizzata alla perfezione: venne scelto Agca il quale, prima manovrato dai servizi bulgari dalla fine del 1979, fu poi – sia durante l’indagine che durante il processo giudiziario – efficacemente spaventato da loro.
Si configurano, allora, due tipi di reato: complotto armato avente lo scopo di uccidere il papa e complotto disinformativo consistente in vari tipi di falsificazioni per allontanare il sospetto dai servizi segreti dei paesi comunisti. Attualmente, ad esempio, il coinvolgimento di tre Bulgari – scagionati per mancanza di prove dal tribunale italiano – nella preparazione dell’attentato è indubbia, come pure è stata documentata la loro attività di agenti segreti. A quel tempo essi furono agevolati dal fatto che i servizi segreti bulgari collaboravano con i servizi sovietici e con la Stasi tedesca la quale entrò in possesso dei documenti dei processi giudiziari in Italia e ne occultò le prove.Pertanto è fondata l’affermazione secondo la quale nel corso dei processi italiani, non solo, furono commessi errori, ma furono anche esercitate numerose pressioni politiche, cosa del resto riconosciuta apertamente da uno dei giudici durante una conversazione con il procuratore Skwara.
Occorre, inoltre sottolineare l’atteggiamento ambiguo di altri paesi quali la Gran Bretagna, la Francia e la Germania che rifiutarono di interrogare i testimoni chiave per chiarire la questione.
A sua volta il ricercatore dr Andrzej Grajewski, storico e redattore della rivista “Gość Niedzielny”, autore dello studio storico incluso nel libro, ha sottolineato che quanto stabilito dal procuratore Skwara non comprende delle prove inconfutabili, come ad es. l’ordine di uccidere il papa firmato dalle autorità dell’Unione Sovietica, ma un gran numero di prove che confermano quello che i procuratori italiani non riuscirono a provare.
Nel corso di quest’ultima indagine si è riusciti a trovare molti “anelli” rilevanti che uniscono persone e fatti, operazioni dei servizi di spionaggio e del mondo della delinquenza. Ognuno sapeva tanto quanto doveva sapere, trovandosi sotto il continuo controllo degli altri. Fu, insomma, un’operazione preparata finemente dai servizi speciali.
Lo storico ha dato ragione al procuratore affermando che l’attentato era stato preparato per circa un anno e mezzo. Ha fatto anche notare che il movente diretto, per iniziare i preparativi, poteva esser stato il primo pellegrinaggio di Giovanni Paolo II, soprattutto per le sue conseguenze sociali e per la reazione nei popoli fratelli, non ultima la rinascita della Chiesa greco-cattolica. L’ateismo sovietico infatti era il fondamento del sistema comunista e Giovanni Paolo II come apostolo della libertà religiosa ne fece vacillare le fondamenta.
La pista bulgara e l’interrogativo sul ruolo dei Sovietici: I Bulgari non avevano interesse nel preparare l’attentato, ma i Sovietici sì, essi si proponevano di colpire mortalmente la suprema autorità religiosa dei cattolici, e attraverso ciò indebolire o addirittura paralizzare le aspirazioni alla libertà. Per tale motivo la data del 13 maggio 1981, quando il sangue di Giovanni Paolo II fu versato come prezzo della nostra libertà, deve essere universalmente ricordata come momento prezioso per la dignità di ogni uomo.
Il dottor Grajewski ha anche sottolineato che il libro presentato, insieme a quello pubblicato alcuni anni fa (“Il Papa doveva morire”) – entrambi pubblicati dall’IPN di Katowice e dalla rivista “Gość Niedzielny” – costituiscono la voce polacca nella discussione sull’attentato.
Voce costruttiva ed autorevole poiché le altre pubblicazioni, a suo parere, s’iscrivono essenzialmente nella corrente di disinformazione.
Durante l’incontro è stato annunciato che è in preparazione la traduzione del testo in lingua italiana, con l’augurio che la sua maggiore diffusione e conoscenza porti a nuove discussioni, o forse anche polemiche, non importa, purché si giunga a chiarire ulteriormente i retroscena dell’attentato al Santo Padre.
La presentazione del libro “Agca non era solo” ha suscitato parecchio interesse nei Polacchi che abitano a Roma i quali sono accorsi numerosi all’incontro. Organizzatori del dibattito: “Istituto della Memoria Nazionale (IPN) di Katowice” e “Centro di Documentazione e Studio del Pontificato di Roma” (Fondazione “Giovanni Paolo II”).
Andrzej Dobrzyński