Rif: Is 43,16-21; Sal 125/126,1-6; Fil 3,8-14; Gv 8,1-11
Tutte le letture di questa domenica ci invitano a lasciarci alle spalle il passato e guardare al futuro. E’ nel futuro che Dio compirà per il suo popolo meraviglie ancor più grandi del passato (I lett.), è davanti a noi che si staglia la meta eterna ed il premio al quale Dio ci chiama (II lett.), “…va’ e d’ora in poi non peccare più” è l’invito che, nel Vangelo, Gesù rivolge alla donna adultera. Perché? Perché Dio non ama rinvangare il passato, pescare nel torbido di ciò che è stato: il suo perdono ci rigenera a nuova vita, ci immette in un tempo nuovo. Al figlio che è tornato a casa (vedi Vangelo della scorsa domenica) Dio non fa domande, la gioia di ritrovarlo annulla ogni altro rimpianto ed è subito tempo di festa.
“Tra l’Agnello di Dio e la miseria dell’uomo peccatore non esiste abisso che la misericordia divina non possa colmare” (Francois Mauriac) ed infatti nel Vangelo, quasi a colmare tale distanza, vediamo Gesù chinarsi accanto alla peccatrice, così che la miseria della donna possa incontrarsi con la misericordia divina (s. Agostino).
Se nella prima lettura Dio promette nuove meraviglie al popolo, oggi noi possiamo vedere che le cose annunciate dal profeta si sono tutte realizzate in Cristo. E’ Lui la nuova Via che si è aperta nel deserto del mondo, è Lui l’acqua che nel Battesimo ci purifica, disseta, ci santifica.
E’ la sua Croce, la Porta che si apre alla vita, il Passaggio che ci conduce all’eternità, il Rimedio contro ogni male, il Tribunale del Perdono, la Sorgente inesauribile della misericordia, lo Strumento infamante che si trasforma in trono di Gloria. E’ ancora la Croce che impressa nella nostra anima, ci segna come figli attesi e desiderati.
Ma il perdono e la misericordia che Dio ci elargisce, senza limiti o condizioni, rappresenta per noi il sacro impegno di non ripercorrere le antiche strade dell’orgoglio, della disperazione e della disonestà; una vita nuova ci attende, ed essa comincia quaggiù ogni volta che un sacerdote ci assolve, ogni volta che ci nutriamo di Cristo, ogni volta che aiutiamo un fratello, malato, carcerato, povero, in difficoltà.
Ci tornano in mente le Opere di Misericordia – che un tempo abbiamo imparato al Catechismo – e rileggendo la Scrittura, ci accorgiamo che ognuna di esse ci parla di un’azione che Dio ha compiuto nei nostri confronti perché noi la compissimo verso gli altri a cominciare dall’amore e dalla comprensione.
“…e la donna si allontanò perdonata….perché nessuno l’aveva condannata: “Donna dove sono? Nessuno ti ha condannata?” Ed ella rispose: “Nessuno, Signore”. E Gesù disse: “Neanch’io ti condanno… va’ e d’ora in poi non peccare più”.
E la nostra comune tendenza a peccare può, nel perdono, trasformarsi in reciproca comprensione: misericordia umana che attira quella divina: “Dio di bontà, davanti a te sta la nostra miseria”.