Rif.: At 5,12-16; Sal 117,1-4.22-27; Ap 1,9-11a.12-13.17-19; Gv 20,19-31
La seconda domenica di Pasqua era, un tempo, chiamata “domenica in albis” poiché i neo battezzati rendevano in questo giorno “la veste bianca” ricevuta nel Battesimo. Il gesto sottolineava che da quel momento non era più una veste a mostrare il loro nuovo stato di cristiani, ma la loro stessa vita vissuta nella sequela a Cristo e nell’amore fraterno, secondo le parole del Signore: “Da questo riconosceranno che siete miei discepoli, se avrete amore l’uno per gli altri” (Gv 13,34).
Nel 2002 il papa Giovanni Paolo II, su richiesta dello stesso Gesù, apparso in privato a suor Faustina Kowalska, dedicò questa domenica alla “Divina Misericordia”. Misericordia che è il filo conduttore di tutta l’odierna liturgia: primo e maturo frutto della Pasqua in cui Cristo ha unito la sua morte e risurrezione alla nostra esistenza e alla storia del mondo.
Misericordia che si mostra all’uomo di ogni tempo e luogo e nel tempo e nella storia “parla e non cessa mai di parlare di Dio-Padre assolutamente fedele al suo eterno amore verso l’uomo… Credere in tale amore significa credere nella misericordia” (Giovanni Paolo II, Dives in Misericordia, n. 7).
Misericordia inarrestabile che cammina sulle strade del mondo per mezzo della Chiesa come testimonia la Prima Lettura nella quale leggiamo che gli ammalati venivano portati sulle piazze perché “quando Pietro passava, almeno la sua ombra coprisse qualcuno di loro” Immagine splendida e significativa: l’ombra è frutto della luce che colpisce un corpo, non è Pietro a guarire, ma l’ombra prodotta dalla luce di Cristo che lo accompagnava e ancor oggi accompagna la Chiesa. Ombra che, nascondendo le fattezze umane, ci fa capire che al di là degli uomini e del loro operato, è Dio ad essere presente ed agire.
Misericordia, che spinge Gesù a donare lo Spirito Santo agli Apostoli e a conferire ad essi, deboli e peccatori la dignità di predicare il Vangelo, di testimoniare la Sua risurrezione, di perdonare e assolvere nel Suo Nome. E’ l’istituzione del sacramento della Confessione per mezzo del quale, in ogni momento, possiamo riacquistare la Grazia Battesimale perduta. Sacramento che mostra un forte parallelismo con la Croce a cominciare dall’accusa dei peccati, quando mostrando la nudità e le piaghe dell’anima nostra ci conformiamo a Cristo che mostrò al Padre e al mondo la nudità e l’orrore del suo Corpo martoriato. Certo, in quel momento ci troviamo di fronte il sacerdote, uomo come noi e forse anche più peccatore di noi, ma è una salutare umiliazione che ci rimanda a quella ancor più profonda di Cristo che, Innocente e Santo, si lasciò processare, condannare e crocifiggere per le nostre colpe, da uomini che avevano bisogno proprio del suo perdono!
Sacramento della Misericordia che nella penitenza inflitta ci dona il rimedio e il beneficio di riparare al male commesso.
Sacramento che ci chiama ad attingere alla Misericordia Divina la verità sulla nostra miseria e sulla grandezza dell’Amore di Dio, luogo di incontro nel quale il Padre corre ad abbracciare ogni figlio che torna a Lui.