Rif. 1Re 17,17-24; Sal 29/30,2.4-6.11-12; Gal 1,11-19; Lc 7,11-17
“Dio, consolatore degli afflitti, tu illumini il mistero del dolore e della morte”. Invocazione che nasce dalle profondità del nostro essere, là dove paura, dubbio, incredulità si aggrovigliano, là dove nasce la consapevolezza del nostro limite, del non-senso della vita, ma anche dove risplende il bisogno di Dio, della sua Parola, della speranza che Egli solo può donarci.
Ecco, il nostro grande bisogno è proprio quello di avere una speranza alla quale aggrapparsi, una speranza da portare avanti e da trasmettere agli altri nei momenti di bisogno, di dolore, di morte… Ed è questo il dono grande ed ineffabile che Gesù è venuto a donarci: la speranza.
Speranza di Dio che si china e partecipa alle nostre miserie per non lasciarci mai soli, per dirci che la vita si riempie di senso se guardiamo in alto, là dove la vita avanza oltrepassando il confine umano della morte e del tempo, del divenire e del finire…, là dove l’eternità risplende e Dio ci attende.
Se nel suo itinerario terreno Gesù ci invita più volte a seguirlo, non è per portarci alla Croce, ma perché nel portare le nostre croci guardiamo a Lui, alla sua Risurrezione, alla vita e alla gloria che Egli ha fatto risplendere nella morte e al di là di essa.
Il mistero del dolore rimane insoluto, ancora oggi ci sono morti premature, madri che grondano disperazione, bambini sofferenti, vecchi abbandonati, esseri deboli sui quali si riversa la cattiveria e la prevaricazione dei prepotenti, permane il nostro PERCHE’?
Abbiamo domande, ma non risposte, ma proprio quando tutto sembra perduto, Dio si affianca a noi e, “preso da grande compassione”, ci dice come alla vedova di Naim: “non piangere” e, mentre la Pasqua si allontana, nasce il tempo della fede, il tempo di vedere oltre, di guardare con gli stessi occhi di Dio, di agire con la sua stessa compassione e misericordia, di farsi accanto agli altri se vogliamo che Dio si faccia accanto a noi.
Perché la grande lezione che ci viene da questa Liturgia e dall’agire di Gesù è che Dio non vuole essere escluso dalla nostra vita; invocarlo nelle piccole, grandi situazioni significa dirgli che lo vogliamo accanto sempre.
E’ fare nostre le splendide parole dell’Antifona d’ingresso:
“Il Signore è mia luce e mia salvezza,
di chi avrò paura?
Il Signore è difesa della mia vita,
di chi avrò timore?”