Rif.: Zc 12,10-11; 13,1; Sal 62; Gal 3,26-29; Lc 9,18-24
La liturgia si apre con un’intesa preghiera che invoca la fedeltà ad una sapienza sconosciuta all’uomo, quella della Croce, sulla quale Cristo si erge come il Maestro dalla Cattedra. Ci chiediamo perplessi: quale insegnamento può mai venire da una fonte di strazio e di ignominia? Quale sapienza può esserci in un supplizio atroce e nel dolore dal quale rifuggiamo con tutte le nostre forze?
Per comprendere ricorriamo alle parole del profeta Zaccaria che, anticipando la figura crocifissa del Signore, annuncia : “Guarderanno a me, colui che hanno trafitto. Ne faranno il lutto come per un figlio” E’ solo guardando la Croce, infatti, che l’umanità può comprendere l’amore infinito di Dio, l’atrocità del peccato, il valore della salvezza donata gratuitamente da Cristo e quanto grande sia il prezzo del nostro riscatto. Da queste valutazioni scaturirà il pentimento, la fede e con essa il desiderio di aderire a Cristo, di immergersi in Lui ed in Lui essere battezzati.
Perché come continua il profeta Zaccaria: “In quel giorno vi sarà una sorgente zampillante per lavare il peccato e l’impurità” (I lettura). E’ Gesù la “sorgente zampillante”, il luogo unico nel quale l’uomo, immergendosi, trova salvezza, perdono, figliolanza divina. Ed è questo il mistero che san Paolo annuncia ai Gàlati: “quanti siete stati battezzati in Cristo vi siete rivestiti di Cristo”.
Tutto ciò, però, ha bisogno di essere capito e, nel Vangelo, Gesù spiega ai suoi discepoli che Egli è venuto consapevole di dover affrontare un destino di dolore e di morte, ma anche di risurrezione e di gloria. Poi continua, rivolgendosi a tutti, che chi vuole seguirlo deve rinnegare se stesso e “prendere ogni giorno la sua croce”.
Ci colpisce che Gesù sottolinei “ogni giorn” che significa ricominciare daccapo, avviarsi senza sapere dove, consapevoli solo che il cammino di sequela assomiglia ad un cammino quaresimale e “ogni giorno” può essere un giorno di Tentazioni o di Trasfigurazione, non importa, l’importante è essere là dove Gesù si trova: nel deserto o sul Tabor.
Il necessario, ci ammonisce anche la preghiera iniziale, è che impariamo a vincere tentazioni e paure per camminare sulla via del calvario la cui meta non è la croce, ma la vita eterna. Certo è un cammino duro e faticoso durante il quale sopraggiunge la stanchezza, e la voglia di tornare indietro ed è allora che prendere “ogni giorno” la propria croce e seguirlo, significa riaffermare, giorno dopo giorno, la nostra volontà di appartenergli, significa riconoscerlo come il Signore della nostra vita. Prendere la propria croce è dirgli che abbiamo bisogno di Lui ogni giorno come ogni giorno abbiamo bisogno di bere per sopravvivere, prendere la propria croce è dirgli: “…di te ha sete l’anima mia, a te anela la mia carne,/ come terra deserta, arida, senz’acqu” (Salmo responsoriale).