Dal finestrino dell’elicottero la folla di due milioni di giovani riunita a Tor Vergata poteva sembrare un “tappeto” enorme, multicolore che ricopriva la periferia di Roma. Nel cuore di ciascun giovane venuto alla XV Giornata Mondiale della Gioventù del 2000 si intrecciavano domande e dubbi, il desiderio di vivere secondo gli ideali e le tentazioni del mondo. Guidati da Giovanni Paolo II vissero un “laboratorio della fede” particolare. All’inizio del terzo millennio del cristianesimo diedero testimonianza di Cristo che cercano nelle diverse esperienze della vita, a volte addirittura senza rendersene conto.
Un’unica catechesi
La Giornata della Gioventù nel Grande Giubileo dell’Anno 2000 ebbe inizio il 15 agosto nella festività dell’Assunzione della Beata Vergine Maria. L’inaugurazione si svolse con due scenari. Prima il Papa diede il benvenuto ai giovani italiani riuniti intorno alla Basilica di San Giovanni in Laterano. Successivamente salutò i giovani di tutto il mondo in Piazza San Pietro.
Per i tre giorni successivi i giovani presero parte alle catechesi pronunciate in 32 lingue da 320 vescovi. Il punto centrale di ciascuna giornata fu l’Eucarestia. I giovani si accostavano volentieri anche al sacramento della penitenza. In prossimità delle rovine dei palazzi imperiali del Circo Massimo furono installati 300 confessionali e ogni giorno fino alle ore notturne. Il venerdì sera fu organizzata la Via Crucis che partiva da Piazza Venezia ed arrivava al Colosseo. Vi parteciparono mezzo milione di giovani. Il giorno dopo si svolse la veglia di preghiera nei campi della cittadella universitaria di Tor Vergata. Furono ricordati i martiri della Chiesa, furono presentate testimonianze di fede, si pregò per la pace e la riconciliazione, per la libertà e la santità. Dopo il suo discorso il Santo Padre consegnò ai giovani il Vangelo, affinché fosse per loro la luce lungo il cammino della vita. I partecipanti tenevano i lumini accesi come segno di fede in Cristo che è la luce del mondo. L’incontro dei giovani terminò con la Santa Messa della domenica. Nel corso di quei giorni Giovanni Paolo II pronunciò alcuni discorsi. Li unì in un’unica catechesi il cui argomento essenziale era la fede in Cristo.
Il laboratorio della fede
La veglia serale a Tor Vergata e la Santa Messa della domenica costituirono una sorta di “laboratorio dello spirito umano”. Come fece con gli Apostoli così il Signore ci introduce al “laboratorio della fede” in modo che osserviamo quello che dà forma alla fede, che fa sì che maturiamo alla responsabilità della stessa. Giovanni Paolo II disse che viviamo in tempi in cui si crocifiggono la fede e l’incredulità. Molte persone che dicono di credere non hanno sperimentato personalmente l’incontro con Cristo. Non hanno confessato, seguendo l’Apostolo Tommaso: “Mio Signore e mio Dio”. Dichiarano con facilità che Dio è il Signore di tutto, ma la vita prova che non è il Signore dei loro cuori.
Occorre chinarsi sulla parola rivelata di Dio, sentire il tocco della Sua grazia, udire la domanda di Gesù: Mi ami? Non può mancare la risposta personale: “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna”.
È difficile essere credente nel mondo di oggi – disse il Papa – ma con l’aiuto della grazia è possibile. Dichiararsi dalla parte di Gesù talvolta richiede una condotta addirittura eroica. Ai nostri occhi si forma come un “nuovo martirio” di molte persone che pagano il prezzo più alto per la fedeltà a Lui. Il Santo Padre rassicurò i giovani che dicendo “sì” a Cristo, avrebbero confermato nel contempo tutti gli ideali più nobili.
Umile presenza
Nell’omelia di domenica il Papa fece notare che per quanto riguarda la Santa Messa, Gesù non è “disposto a transigere”. Lo prova la domanda posta agli Apostoli a Cafarnao, dopo aver pronunciato l’insegnamento sul “pane della vita”: “Forse anche voi volete andarvene?” Anche oggi i comportamenti dominati dal materialismo impediscono di trovare il tempo per Cristo presente nell’Eucarestia. La Santa Messa è un’esperienza di fede non sostituibile, un incontro personale con il Signore, il cammino diretto a Lui, la Sua presenza che ci arricchisce spiritualmente e ci ispira con gli ideali di dignità dell’uomo, di solidarietà e di comunione fraterna.
Fare dell’Eucarestia il centro della propria vita significa accettare nella vita la “logica della croce e del servizio”. Si manifesta nell’amore pieno di sacrificio per Dio e le persone. Indicando il primato dell’Eucarestia nella vita della fede, Giovanni Paolo II assicura che Gesù, non solo fa sentire la Sua presenza, ma insegna ad aspirare umilmente alla perfezione e il coraggio nella lotta contro il peccato.
Le sentinelle del mattino
La Chiesa ha la ricchezza della gioventù che affida la sua vita a Cristo. Giovanni Paolo II ringraziò Dio per il dono della giovinezza. Chiamò i giovani “sentinelle del mattino” che vegliano all’alba del nuovo millennio per proteggere la speranza cristiana dai “messianismi secolarizzati del mondo contemporaneo”. “Guardo con fiducia – disse – a questa nuova umanità che prepara anche per mezzo vostro”. Sono necessarie nuove persone per difendere la pace a prezzo della vita, costruire con sacrificio un mondo giusto e rendere la terra abitabile per tutti gli uomini tra cui i bambini non nati.
Il Papa vedeva negli occhi dei giovani “la speranza irradiante della Chiesa e del mondo”. Sapeva alimentarla e insegnava a farla crescere. Rispondeva alla necessità del senso della vita. Infondeva nei cuori l’orgoglio del passato cristiano e la missione che avevano ricevuto da Cristo. Parafrasando le parole di Santa Caterina da Siena parlava della forza della testimonianza che scaturisce dalla fede: “Se sarete quello che dovete essere, metterete fuoco in tutto il mondo”.
San Giovanni Paolo II credeva nella forza della verità evangelica che è in grado di rispondere alle inquietudini della gente di ogni epoca. Mostrò che i giovani di oggi sanno ascoltare le vecchie parole che non passano mai, perché recano il messaggio sull’amore di Dio per gli uomini.
Don Andrzej Dobrzyński