Rif.: Is 66,10-14c; Sal 65/66,1-7.16.20; Gal 6,14-18; Lc 10,1-12.17-20
Nelle Letture di questa domenica si intrecciano strettamente i temi della vocazione e della pace, la prima finalizzata all’annuncio della seconda.
Isaia, il grande profeta, è inviato al popolo affinché lo esorti a mantenere intatta la fede e la speranza in Dio: presto l’esilio finirà, vicino è il tempo del ritorno in patria, soprattutto è vicino il tempo della pace con Dio. Sì, il Signore ha deposto il castigo e consolerà il popolo come una madre consola il figlio. La grande visione della prossima riconciliazione è certamente diretta ai contemporanei, ma il profeta non è mai legato al tempo, le sue parole si estendono al di là del momento storico e ci conducono alla visione della Gerusalemme celeste, là dove Dio consolerà ogni uomo e asciugherà ogni lacrima in una pace eterna e definitiva.
Anche s. Paolo (II lett.) è un apostolo, un “inviato” dal Signore, che si rivolge ai suoi contemporanei, ma, come Isaia, anche le sue parole giungono a noi oggi, intatte nella loro attualità. A differenza del profeta, le sue parole segnano un passo avanti nella fede: non bisogna più attendere la liberazione dall’esilio, il cristiano è già stato liberato da Cristo e, immerso in Lui, rinasce come nuova creatura e lo stesso Paolo ne è esempio vivente. Dall’incontro con il Signore, infatti, l’Apostolo ha ricevuto una nuova visione delle cose e, ciò che prima era motivo di vanto: lo stato sociale, la cultura, l’antico orgoglio farisaico, l’appartenenza all’ebraismo simboleggiata dalla circoncisione, ora è considerato come un nulla, poiché, conclude: “(per me) non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo”. Affrancato da ogni vincolo egli è libero di seguire il Signore e di conformarsi a Lui. Non è più Saulo di Tarso, ma Paolo, Apostolo delle genti che invita il mondo a “lasciarsi riconciliare con Dio”.
Anche nel Vangelo Gesù invia i discepoli “come agnelli in mezzo ai lupi”. La loro è una missione dura e difficile: “non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lunga la strada…”. Nessun bene materiale, nessun sollievo amicale, ma, dove manca il conforto umano, là subentra la fede e Dio diventa Provvidenza da attendere, Amico da incontrare, Via da percorrere, Signore da annunciare.
Sì è questa la strada del cristiano, un cammino di affidamento totale a Dio con il quale vive ormai riconciliato da Cristo. E quando si è con Dio, non manca la forza, anzi c’è il desiderio di portarlo agli altri, perché nessuno sia escluso da questo rapporto che è paterno e rasserenante. Sì, perché Dio vuole essere vicino ad ogni uomo, ad ogni uomo offre consolazione e pace ed è questo il nocciolo dell’annuncio evangelico che il cristiano porta al mondo e: “Pace a questa casa” è il suo primo saluto.
Pace che è preludio al perdono, strumento che annulla le guerre, placa i rancori, riconcilia i nemici. Pace che è annuncio di Dio stesso: “O Trinità beata, oceano di pace…”. E, con fervore, la Chiesa oggi prega: “O Dio […], donaci il coraggio apostolico e la libertà evangelica, perché rendiamo presente in ogni ambiente di vita la tua parola di amore e di pace”.