Rif.: Qo 1,2;2,21 Rif-23; Sal 89/90,3-6.12-14.17; Col 3,1-5.9-11; Lc 12,13-21
“Cercate le cose di lassù, dov’è Cristo!” La forte esortazione di s. Paolo vuole scuoterci dal torpore degli affari quotidiani e richiamare l’attenzione sul nostro destino ultimo, di cristiani e di uomini. La nostra vita terrena è iscritta nel fluire del tempo ed, inevitabilmente, va verso una fine più o meno lontana. Nel Vangelo, Gesù ci ricorda che tale traguardo ci è ignoto, esso arriva all’improvviso, nel pieno di progetti da realizzare, quando meno ce lo aspettiamo. Lo stesso avviso ci viene dalla Prima Lettura, tratta dal Qoélet: “vanità delle vanità, tutto è vanità”, è l’amara conclusione alla quale si giunge quando ci si sofferma sulla transitorietà delle cose, sull’eterno alternarsi degli uomini nella fatica di ogni giorno, sull’accumulare beni che altri godranno… La riflessione, certamente saggia, ma profondamente amara, non ci dona altra prospettiva che il finire delle cose terrene. Siamo tentati di affermare che la vita è un profondo pozzo dal quale attingere solo pessimismo, ma non è cosi.
Il Vangelo apre ai nostri occhi l’orizzonte sconfinato dell’incontro definitivo con Dio. Anche nella parabola Gesù riprende il tema della transitorietà delle cose, dell’inutile affannarsi per accumulare ricchezze destinate ad altri, della relatività dei nostri progetti destinati a scontrarsi con l’inappellabile progetto di Dio cui fa riferimento anche Qoélet. Vi è però nelle parole di Gesù una sapienza che travalica il confine umano e ci mostra che al di là del susseguirsi delle cose vi è un rendiconto finale al quale non possiamo sottrarci, la vita va vissuta in pienezza, ma la sua pienezza non è nell’accumulo dei beni o nella prosperità degli affari, non è nel godimento del guadagno, ma nell’incontro con Dio. In quel colloquio ultimo che deciderà effettivamente la nostra sorte, cosa recheranno le nostre mani se ciò che abbiamo guadagnato è rimasto su questa terra ed è ora goduto da altri?
Ci rendiamo così conto che in effetti nulla ci appartiene, potremo portare con noi non ciò che abbiamo, ma solo ciò che siamo! E allora ogni valore viene capovolto: avrà importanza non quanto guadagnato, ma quanto avremo donato; i tesori da accumulare, di cui parla Gesù, sono ciò che ci fa divenire migliori e ci fa essere generosi e disponibili agli altri. Insomma saremo ricchi se ci svestiremo dell’uomo vecchio con la sua immoralità e impurità, con la sua sete di guadagno (cfr. s. Paolo), per rivestirci di Cristo e portare impressa in noi l’immagine di Lui che si è spogliato di tutto per donare a noi una ricchezza nuova ed inimmaginabile: se stesso e la sua vita divina.
Il vero, prezioso tesoro è questo monito di Gesù: “anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede”. Vanità delle vanità sarebbe sprecare la vita per inseguire cose che si dileguano come fumo leggero…….