Nel libro pubblicato nel 2013 Miejsce dla każdego. Opowieść o świętości Jana Pawła II [Un posto per tutti. Racconto sulla santità di Giovanni Paolo II] che costituisce una trascrizione della conversazione di Brygida Grysiak con l’arcivescovo Mieczysław Mokrzycki, II segretario del Santo Padre Giovanni Paolo II, leggiamo:
“L’arcivescovo Mokrzycki vedeva in Giovanni Paolo II un autentico guizzo negli occhi quando il Papa guardava il Bambinello nella mangiatoia, nel presepe. Lui guardava sempre quel piccolo Gesù con amore. E quando Lo spostava dalla Basilica al presepio – lo faceva anche con grande amore – lo si vedeva da vicino. E poi, quando poneva il piccolo Gesù sulle ginocchia di Maria, anche ciò avveniva proprio nello stesso modo. E quando guardava dentro al presepe, non solo per una certa curiosità infantile, ma per mostrarci come si può guardare Gesù.
È un brano molto importante non solo di questo Racconto sulla santità di Giovanni Paolo II, ma in generale per il nostro modo di vedere e di vivere il mistero dell’Incarnazione, di quella – come ripeteva don Jan Twardowski – “verità fondamentale, più importante del cristianesimo”.
“Dio si è fatto uomo – diceva il sacerdote-poeta. – È una verità sbalorditiva, la più profonda, la più sorprendente dal punto di vista intellettuale. Non la si può comprendere né inventare, doveva essere rivelata. Una delle diverse grandi verità teologiche – l’Incarnazione accanto alla Santissima Trinità, l’Eucarestia e l’annuncio che guarderemo Dio faccia a faccia”.
Giovanni Paolo II era un mistico, cosa che viene già rivelata dai suoi primi componimenti poetici. Nel Canto del Dio nascosto il chierico Karol Wojtyła scrisse:
Sempre ritorni con la mente a quel mattino invernale.
Da tanti anni ormai credevi, sapevi certamente
ma lo stupore non ti può lasciare.Chino sopra la lampada, nel fascio di luce unita in alto,
senza alzare il viso perché sarebbe inutile –
ormai non sai se è là, là visto di lontano,
oppure qui, nel profondo degli occhi chiusi –È là. Mentre qui non c’è soltanto tremore,
soltanto le parole nel nulla ritrovate –
ah, ti rimane ancora un briciolo di questo stupore
che sarà tutto il contenuto dell’eternità.
(Rive piene di silenzio, 2)
Ogni parola è importante qui perché forse richiama il momento più importante della vita del futuro santo. “Sempre ritorni…” Il protagonista continua a vivere quell’evento, quando gli si manifestò Cristo, vivo e autentico, in un luogo concreto e in un tempo concreto – un certo “mattino invernale”. Lo trovò preparato – “Da tanti anni ormai credevi, sapevi certamente…ma lo stupore non ti può lasciare”. Sarebbe difficile il contrario poiché l’autore di tale confessione raggiunse la trascendenza, la realtà sovrannaturale, “quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo” (1 Cor 2, 9).
Grazie alla fede il poeta non si è lasciato sfuggire nulla di tale incontro, ha salvato in sé – ripetiamo – “un briciolo di questo stupore/che sarà tutto il contenuto dell’eternità. Da quel momento continuò a parlare dello stupore, persino di “stupore grande” come nel bellissimo brano del poema citato:
O maestri dell’Ellade, vi narro un grande miracolo:
non importa vegliare sull’Essere che scorre via tra le dita,
c’è la Bellezza reale,
celata sotto il Sangue vivo.
(Rive piene di silenzio, 13)
Ed ancora un brano con quella parola-chiave, stupore:
Penso spesso a quel giorno di visione
che sarà pieno di stupore
per la Tua semplicità
che tiene in pugno il mondo
e in cui esso dura, intatto
fin qui
– e oltre.E allora il semplice imperativo diviene crescente nostalgia
di quel giorno
che ogni cosa avvolgerà nella sua semplicità sconfinata
e in un soffio amoroso.
(Rive piene di silenzio,16)
Un altro brano del poema non lascia dubbi che il momento più importante che si può ritenere la fonte della nostalgia umana per Cristo è rappresentato dalle vicissitudini infantili legate al Natale che rimangono in noi per sempre. Da ciò viene quel “guizzo negli occhi quando il Papa guardava il Bambinello nella mangiatoia, nel presepe”, ricordato dall’arcivescovo Mokrzycki. E l’assicurazione che Giovanni Paolo II “guardava sempre quel piccolo Gesù con amore”.
Nel poema descritto ritroviamo strofe che confermano tale testimonianza commovente:
Se l’amore tanto più è grande quanto più semplice,
se il desiderio più semplice sta nella nostalgia
allora non è strano che Dio voglia
essere accolto dai semplici
da quelli che hanno candido il cuore
e per il loro amore non trovano parole.Ed Egli stesso nell’offerta
c’incantò con la sua semplicità,
la povertà, la mangiatoia, il fieno.
La Madre, allora, sollevò il Bambino
e lo cullava tra le braccia
e nelle fasce Gli avvolgeva i piedi.
(Canto del sole inesauribile, 7)
Già da una certa prospettiva è impossibile separare il rapimento infantile per il piccolo Gesù, il presepe, la mangiatoia e il fieno, dal vivere cosciente del mistero inconcepibile, dal miracolo della nascita di Dio che c’era sempre, ma per noi, per la nostra salvezza – come diciamo nella preghiera – si è fatto uomo. Sono convinto che nel caso di san Giovanni Paolo II possiamo parlare di incontro mistico con Cristo, vivo e autentico come quelli annotati nel Diario di santa Faustyna.
“Per i cristiani – scriveva mons. Zbigniew Kiernikowski – il momento di svolta nella comprensione della mistica è l’incarnazione di Gesù Cristo. […] Nel Verbo Incarnato il Dio trascendente è divenuto tangibile e molto vicino all’uomo in un qualche modo addirittura a lui sottomesso. […] La conoscenza da parte dell’uomo di tale intimità colma d’amore che ama così tanto […] ha il potere di condurre l’uomo alla contemplazione ed all’estasi, ossia di uscire da se stesso per essere unito con Dio che viene in questo modo dall’uomo”.
E proprio questo stato viene espresso dalle strofe poetiche di Karol Wojtyła:
L’amore mi ha spiegato ogni cosa,
l’amore ha risolto tutto per me –
perciò ammiro questo Amore
dovunque Esso si trovi.
(Rive piene di silenzio, 5)
L’intero amore viene da Là, Dio è Amore – questa verità che scaturisce dalla grotta di Betlemme ci abbraccia come l’amore dei genitori, non può non esserci, pare “da sempre”. Il rapimento e l’adorazione con cui ci avviciniamo a Gesù, l’Amore che è venuto al mondo, rimangono invariati persino quando abbiamo smesso di essere bambini da molto tempo. Il presepe di Natale infatti è l’inizio dei nostri incontri con il Dio Incarnato. Similmente viviamo in seguito la preparazione ad accogliere Gesù nel cuore puro:
In uno sguardo infantile
concentrato sull’Ostia soave
incontrai il Padre Divino
che con immenso amore mi guardava.
(Canto del sole inesauribile, 8)
Ammettiamolo, non tutti conservano quel rapimento negli anni più maturi. Ma vi sono anche coloro che, abbracciando con l’intelletto esperienze sempre più ampie, non perdono nulla del rapimento infantile, per questo in Giovanni Paolo II – ripetiamolo ancora una volta, tornando alla testimonianza dell’arcivescovo Mokrzycki – quel guizzo negli occhi al solo pensiero dell’amore sterminato con cui il Creatore ci circonda.
Waldemar Smaszcz