Rif.: Is 49,3.5-6; Sal 39/40,2.4.7-10; 1Cor 1,1-3; Gv 1,29-34
Forse c’è un momento nella vita del cristiano in cui tornano le parole del Battista: “Io non lo conoscevo”. Chi di noi, infatti può dire di conoscere Dio e il mistero del suo Figlio incarnato e morto per noi? Giovanni era parente di Gesù, le sue parole quindi non si riferiscono alla conoscenza carnale, ma a quella profonda, che investe l’intima essenza dell’altro. E così scopriamo che anche noi, per quanto cristiani, in realtà poco sappiamo del Figlio di Dio e della sua reale missione. Lo abbiamo contemplato nella mangiatoia, lo abbiamo visto emergere dalle acque del Giordano durante il suo battesimo, tutto ci è sembrato circonfuso di gloria e di luce…, ma oggi il Battista lo addita alle folle con un termine che fa rabbrividire: Agnello di Dio.
L’Agnello era per eccellenza la vittima sacrificale, l’animale che veniva offerto nei vari tipi di sacrificio, e che traeva origine dall’agnello pasquale, il cui sangue segnò gli stipiti delle case degli israeliti nella drammatica notte dell’Esodo. “Io non lo conoscevo” – ed ecco che dopo aver visto lo Spirito Santo posarsi e rimanere su Cristo, Giovanni comprende meglio il senso della venuta di Gesù: caricarsi del peccato del mondo e riscattarlo sacrificando se stesso. Il Figlio che Dio – “mandato nel mondo, non per condannare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui” – è il Servo che il profeta Isaia annuncia nei suoi Canti e che lo vedono di volta in volta Eletto inviato a liberare i prigionieri, Luce delle nazioni fino ad essere Servo sofferente per la salvezza del mondo. Servo ed agnello sono in aramaico un unico termine: “Taljà” che significa anche ragazzo, pezzo di pane, ecc. Ma tutti questi significati si adattano tanto a Cristo e alla sua missione che in Lui riconosciamo sia l’Agnello che si carica del nostro peccato, sia la vittima che si offre per i nostro riscatto, sia il Pane eucaristico che sostiene e nutre il nostro cammino.
“Io non lo conoscevo” ripete Giovanni e si rende conto di non aver mai avuto piena conoscenza di ciò che andava annunciando, perché Dio è sempre al di là di ogni immaginazione, di ogni progetto e aspettativa. Egli non può essere spiegato dalle nostre parole umane se non trascendendo il loro stesso significato. “Io non lo conoscevo” e Giovanni comprende che in Cristo giustizia e amore si fondono ed in Dio non vi è giudizio che non proceda dall’amore, poiché colui che è sceso sotto forma di colomba non è altri che l’Amore puro ed infinito che lega il Padre al Figlio e, da quel momento, il Figlio all’umanità e alla sua missione di Redentore.
“Questi è il Figlio di Dio”. Giovanni ha finalmente capito e conosciuto la vera identità di Gesù, solo ora la sua testimonianza è completa ed è degna di attraversare i tempi e chiamare tutti gli uomini a sentirsi, in Cristo, nuovo popolo dell’Alleanza nella grazia del Battesimo, con la forza dello Spirito Santo. (cf. II lett. e preghiera di Colletta II).