Rif.: Dt 26,4-10; Sal 90; Rm 18,8-13; Lc 4,1-13
“Ritornate a me con tutto il cuore… Laceratevi il cuore e non le vesti”
Le parole del profeta Gioele hanno dato inizio alla Quaresima, proclamate nel Mercoledì delle Ceneri, esse segnano il tempo di fede e di conversione che ci apprestiamo a vivere. Quaranta giorni che la Chiesa ci invita a percorrere uniti nell’ascolto della Parola di Dio, nella penitenza e nella preghiera affinché questo tempo diventi il luogo teologico dell’incontro e dell’intimità con Dio.
“O Dio, nostro Padre, con la celebrazione di questa Quaresima, segno sacramentale della nostra conversione, concedi a noi tuoi fedeli di crescere nella conoscenza del mistero di Cristo e di testimoniarlo con una degna condotta di vita”.
Ed oggi, con la preghiera di Colletta I, la Chiesa ci dice anche che la Quaresima è “segno sacramentale”, con tale termine s’intendono tutti quei segni esterni come la benedizione, l’imposizione delle mani o l’aspersione dell’acqua benedetta, che per mezzo della preghiera della Chiesa, ci preparano a ricevere la grazia e ci dispongono a cooperare con essa. Il segno visibile della Quaresima è la cenere posta sul nostro capo, essa esprime la nostra volontà di ritornare a Dio: la stanchezza è grande come la nostra incapacità, i pesi di cui siamo carichi gravano sulle nostra spalle, mille cose ci attraggono e ci respingono, ma, nell’alternanza delle vicende, il nostro cuore cerca silenzio, pace e un rinnovato vigore che permetta di guardare in alto, oltre la nebbia del dubbio e delle delusioni. E la preghiera ci ricorda anche che ogni giorno di questo Tempo è un giorno prezioso che predispone la nostra anima alla conversione e ci invita ad una più approfondita conoscenza di Cristo.
Lasciando che la cenere lentamente scenda sul nostro capo, noi ci abbandoniamo fiduciosi nelle mani di Colui che è venuto a sottrarci al nostro destino di morte e di paura. Sì, siamo polvere e in polvere torneremo, ma “Chiunque crede in Lui non sarà deluso” (II lett.) e noi sappiamo che Dio non viene meno alle promesse, crediamo che Cristo non è morto invano e che la sua risurrezione è la nostra risurrezione. Egli è venuto per condurci in quella terra benedetta che è l’eternità, così come gli Ebrei furono condotti nella terra promessa, finalmente liberi dalla schiavitù. (I lett.)
E, come gli antichi Ebrei, ricordando i benefici ottenuti, offrivano al Signore le primizie della terra, noi offriamo a Dio il nostro cuore esacerbato e bisognoso del suo aiuto. Portiamo a Lui la nostra fame perché il nostro spirito sia nutrito dalla sua Parola ed educato dall’esempio di Cristo che, nei giorni del deserto e della tentazione, ci insegnò a tenere lo sguardo fermo alla volontà del Padre.