Rif.: Gn 12,1-4a; Sal 32/33,4-5.18-20.22; 2Tm 1,8b-10; Mt 17,1-9
“Vattene dalla tua terra… e dalla casa di tuo padre, verso la terra che io ti indicherò” La voce di Dio scuote Abràm, è un Dio che Abràm non conosce e che lo invita a lasciare la sicurezza della casa paterna, degli affetti, degli affari per intraprendere l’ignoto cammino di un’avventura senza nome né meta. “Allora Abram partì” Il “sì” di Abramo dà il via al progetto salvifico di Dio che il “sì” di Cristo porterà a compimento. Tra queste due tappe fondamentali si inserisce il nostro cammino quaresimale che, al pari di Abramo, richiede un taglio netto con le proprie certezze per seguire solo Dio e la sua volontà a volte dura ed incomprensibile. Un cammino fatto sulle orme di Cristo che abbandonò la sua gloria e venne, in obbedienza al Padre, a sollevarci dal nostro peccato.
L’evento della Trasfigurazione ci mostra il momento in cui Gesù riafferma a Mosè ed Elia, apparsi a conversare con Lui, il suo assenso al Padre. Simbolicamente essi rappresentano la Legge e i Profeti, ad indicare che quanto Cristo sta per compiere è in continuità, anzi è il culmine di quanto annunciato da tutta la Scrittura prima della sua venuta su questa terra. Il glorioso aspetto di Gesù è inoltre rivelazione della nostra futura sorte: quale la sua gloria tale sarà la nostra. Così idealmente scopriamo che, se le Tentazioni della scorsa domenica ci hanno ricordato che unico rimedio alla fragilità umana è la Parola di Dio, oggi la Trasfigurazione ci esorta a rimanere fedeli e ci rammenta che ogni sacrificio sarà ricompensato da ciò che ci attende: entrare in comunione con Dio e contemplare la sua gloria, quella stessa che oggi illumina il Salvatore. Come Pietro siamo tentati di fermarci e sostare dinanzi al Signore che anticipa la gloria della Risurrezione, ma Gesù stesso ci rincuora: “alzatevi e non temete” questo non è il momento di fermarsi, ma quello di andare, è necessario infatti percorrere un ultimo tratto di strada, alzare lo sguardo e, senza paura, guardare la Croce che si staglia all’orizzonte. Noi comprendiamo che il cammino di Quaresima e tutto il cammino di questa nostra vita è avvolto nel mistero luminoso e oscuro della croce di Cristo e delle nostre croci e se, a stento, intravediamo la luce della Pasqua, Gesù è accanto a noi nella discesa verso la normalità, nell’aridità delle tentazioni, nella fatica quotidiana di aggrapparsi ai momenti luminosi per continuare a credere e sperare che la Trasfigurazione sia il luminoso segno del Padre che ci attende nel “Figlio prediletto, nel quale si è compiaciuto”.
E’ tempo di andare, è il tempo in cui Gesù passerà dalla Trasfigurazione gloriosa a quella dolorosa della Croce e poi ancora a quella luminosa della Risurrezione e infine a quella misteriosa e reale dell’Eucaristia e con essa nutrirà la nostra fede e renderà più forte la speranza.
Quaresima è, allora, il tempo forte che ci scuote dal torpore e ci invita al distacco da ogni affetto e legame, come fu per Abramo (I lett.), per andare là dove Dio ci chiama “secondo il suo progetto e la sua grazia” (II lett.). E’ tempo di scendere dal monte e seguire il Maestro, certi che in Lui anche noi saremo trasfigurati e là dove c’è fragilità, sofferenza e morte nascerà la Vita.