Rif. : 1Sam 16, 1.4.6-7.10-13; Sal 22, 2-6; Ef 5, 8-14; Gv 9, 1-38
La liturgia continua il cammino battesimale e, se la volta scorsa ci ha fatto approfondire il significato dell’acqua, questa volta si sofferma sul significato della luce espresso dalla piccola candela – accesa al Cero Pasquale, simbolo di Cristo – che viene consegnata ad ogni battezzando.
Caratteristica della luce è quella di illuminare le cose e renderle visibili, possiamo dire che la luce genera la luce. E nel Credo definiamo Cristo, Luce da Luce. Egli è il volto luminoso di Dio che si irradia sulla terra annullando le tenebre dell’orgoglio, dei pregiudizi, dell’invidia, dell’avidità… Cristo è la Luce che penetra nei nostri cuori fin nelle ombre più recondite e nascoste e rinnova l’immagine di Dio impressa in noi.
Nel libro del profeta Daniele c’è un versetto straordinario: “tu che siedi sui cherubini e con il tuo sguardo penetri gli abissi” (Dn 3,55). Nessuno può dirsi sconosciuto da Dio, ed è per il suo sguardo attento e premuroso che nutriamo la speranza di poter essere salvati; questo è anche il messaggio che ci viene dal Vangelo di questa domenica:
“Gesù passando, vide un uomo cieco dalla nascita”. Tra le tante persone presenti, lo sguardo di Gesù si posa sul povero mendicante cieco, sulla sua infelicità di non vedente, di chi vive senza godere della bellezza del giorno, dei suoi colori e della sua luce, senza godere della maestosa bellezza delle notti silenziose illuminate dallo splendore degli astri, a lui toccano tenebre, solo e sempre tenebre. Gesù “vede” il cieco, gli si avvicina, gli spalma sugli occhi il fango fatto con la sua saliva e gli ordina poi di andare a lavarsi… e riacquistò la vista! Una narrazione scarna per un miracolo straordinario. Per la maggior parte, infatti, il brano riporta l’assurda posizione dei farisei, che, pur di non ammettere la potenza di Cristo, arrivano perfino a negare che il poverino sia stato veramente cieco. Per Gesù l’atmosfera di Gerusalemme si carica di tensione: si avvicina il momento della Croce.
Per il cieco nato inizia, invece, un cammino di conoscenza che, in maniera graduale, si chiarisce ai suoi stessi occhi: in un primo momento, infatti, il cieco parla dell’ “uomo chiamato Gesù”, poi afferma che “è un profeta”, successivamente si oppone agli stessi farisei che lo definiscono peccatore, dichiarando: “se costui non venisse da Dio, non avrebbe potuto far nulla”. Alla fine riconosce in Cristo il “Signore” davanti al quale si prostra in adorazione. E’ il percorso di ogni cristiano che, rigenerato all’acqua vitale nella quale fu immerso, ne esce illuminato e rigenerato, una nuova vita scorre in lui, una nuova dignità gli appartiene, quella di figlio di Dio, e dinanzi a Cristo si inginocchia adorando in Lui il Signore e il Salvatore!
La Quaresima è il tempo dell’anno liturgico che può paragonarsi alla primavera, quando, alla luce che aumenta di giorno in giorno, la natura si risveglia pronta ancora una volta a rinascere. Così il ricordo del Battesimo getta nuova luce sul nostro cammino, infonde nuovo vigore ai nostri passi, sappiamo che il nostro andare ha un senso, il peregrinare una meta, il cammino è fatto in compagnia di Gesù che porta la croce per noi, che per noi è pronto a consegnarsi alla morte e che nella morte ci dona la luce infinita della vita eterna.