Rif.: At 2,14a.22-33; Sal 15,1-2.7-11; 1Pt 1,17-21; Lc 24,13-35
Siamo ancora nel giorno di Pasqua e le Letture si soffermano sul grande mistero che abbiamo vissuto e stiamo vivendo, da esso nasce la Chiesa che, nata in questo mondo, non è fatta per rimanere qui, ma per guidarci in quella dimensione ultraterrena che appartiene a Dio, alla sua gloria, alla sua misericordia. La Chiesa è quindi “pellegrina” e “stranieri e pellegrini” sono i suoi figli, come afferma s. Pietro, ma il cristiano sa anche che il suo cammino non è un vagare, ma un dirigersi verso una meta, verso un incontro non lontano che avviene già ora, quando meno ce lo aspettiamo, come accade ai discepoli di Emmaus, ai quali Gesù si affianca e con loro cammina senza che essi se ne accorgano. E il lungo, bellissimo racconto evangelico ci dice che il cristiano non è un pellegrino solitario, ma che nei momenti di dubbio e di scoraggiamento si trova a parlare con Cristo senza nemmeno comprendere che Egli si è affiancato a lui per condividere il buio della sera che incombe. Quando ci sentiamo soli, quando non lo riconosciamo, Dio è con noi, ci accompagna e ci sostiene, ci richiama ad una Parola che riscalda il cuore e illumina la mente. Essa ci dice che le sofferenze di Cristo non sono state vane, che la sua morte è stata vinta dalla Risurrezione (I lett), che la sua presenza continua ad accompagnare il cammino di ogni uomo.
“Resta con noi, ed Egli entrò per rimanere con loro”. Il cammino di Gesù si ferma nel cuore dell’uomo, Egli è venuto per “rimanere” con noi, con ciascuno di noi, anzi si ferma ad attendere il nostro invito: “Ecco: sto alla porta e busso…” (Ap 3, 20), questo il suo desiderio, ma perché l’incontro si realizzi è necessario che al desiderio di Cristo corrisponda il desiderio dell’uomo che invoca: “Resta…, resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto”.
Il viandante sconosciuto viene riconosciuto nel momento in cui spezza il pane e lo dona, poiché quel gesto è proprio di Cristo, di Colui che ha spezzato il proprio corpo e lo ha donato per noi, è il gesto eucaristico per eccellenza, ed è in quel momento che la presenza visibile di Gesù non è più necessaria. E’ il momento della fede, non c’è più bisogno di “vedere”, ma di “credere”. Finito il tempo della missione terrena di Cristo, inizia il tempo della sua presenza spirituale, lo vedranno solo coloro che credono, lo toccheranno solo coloro che sperano, lo incontreranno quelli che lo attendono e gli vanno incontro accogliendolo con “Resta con noi, Signore!”
Con i discepoli di Emmaus, da quel momento, tutti siamo chiamati a sentire Gesù accanto a noi nella sua Parola, a riconoscere la sua Presenza viva e reale nell’Eucaristia, a camminare “come stranieri” (v. II lett.) in un mondo che non ci appartiene più poiché il Signore è venuto ad aprirci ed indicarci una nuova meta.
Vivo e vitale appare ancora oggi l’annuncio di Pietro nel giorno di Pentecoste, il suo è il perenne annuncio della Chiesa, perché ieri, oggi e sempre la Risurrezione ha fatto irruzione nella morte distruggendola, e il tempo dell’uomo è entrato a far parte del tempo eterno di Dio!
LR