Rif.: At 1,1-11; Sal 46/47,2-3.6-9; Ef 1,17-23; Mt 28,16-20
“Esulti, mistero, speranza”. Queste le parole chiave della preghiera di Colletta per la celebrazione che inizia all’insegna della gioiosa speranza di poter raggiungere il nostro Salvatore nella gloria. Tale speranza, però, è legata al mistero della nostra Redenzione, a Dio che si è fatto uomo per unire la sua natura divina alla nostra e viceversa. Siamo nella domenica dell’Ascensione, quando il Signore Gesù, dopo aver compiuto la sua opera terrena, ritorna al Padre, ma il suo non è un addio; la prima lettura, infatti, si chiude con la promessa del suo ritorno e il Vangelo ci assicura, addirittura, la presenza costante del Signore. L’Ascensione è dunque il momento in cui la fede, corroborata dalla Risurrezione, si apre alla speranza, speranza che si fortifica dalle considerazioni che scaturiscono da un così grande mistero. Cerchiamo di coglierne qualcuna.
La prima è che salendo al cielo Gesù porta con sé la propria natura umana e la inserisce nella Trinità, da quel momento Dio e l’umanità sono legati in maniera inscindibile! Il nostro è Dio fatto uomo per sempre e per sempre la nostra umanità è legata a Dio. E se la nostra umanità è in Dio, con la Pentecoste, sarà Dio a discendere e ad abitare in noi. Mistero ineffabile del Creatore che si unisce alla creatura in un rapporto di vita di “comunione”. Questo il senso delle parole di Gesù: “Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.
La seconda è che se gli Apostoli e la Chiesa, seguendo il mandato di Gesù, sono arrivati fino ai confini del mondo questo è stato possibile perché il Signore stesso con la sua presenza costante anima, chiama, sostiene, guida, santifica la sua Chiesa.
La terza considerazione è che l’uomo non è mai solo: nel bene è accompagnato da Dio, nel male sempre può rivolgersi a Lui per esserne sostenuto dal perdono e atteso nel ritorno.
La quarta è che in Cristo ogni promessa divina si è compiuta, la salvezza è ora nostra per sempre solo che noi vogliamo accoglierla. L’Ascensione è invito a rivolgere il nostro sguardo in alto, sempre più in alto là “dove Cristo ci attende”. Ogni altra cosa impallidisce di fronte al “tesoro di gloria” di cui scrive s. Paolo (II lett.).
Certo, la strada che si apre davanti a noi è ardua, la stanchezza fiacca la volontà, il dubbio indebolisce la fede (Vangelo), ma la presenza del Signore ci assicura il sostegno e la compagnia divina, lo Spirito Santo ci dona forza (I lett.) nel cammino e nella preghiera, consolazione nelle difficoltà, coraggio nella testimonianza.
Colui che è morto e risorto per noi ci attende, per noi continua ad intercedere presso il Padre con la sua irresistibile supplica: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno” e il perdono che scende su questa terra diviene forza capace di lanciarci verso il cielo.
L.R.