Il 27 aprile 2017 ricorreva il terzo anniversario della canonizzazione di Giovanni Paolo II. Il processo di canonizzazione del pontefice polacco è stato uno dei più brevi della storia moderna della Chiesa. Durante la messa di canonizzazione papa Francesco ha chiamato Giovanni Paolo II “il Papa della famiglia” per porre l’accento sul contributo eccezionale di Giovanni Paolo II alla riflessione contemporanea della Chiesa sul matrimonio, sulla famiglia, sulla comprensione della sessualità umana, del sesso, della fecondità. Purtroppo questa grande eredità non è più – e forse non lo è mai stata – accettata da tutta la Chiesa.
Il 25 maggio 2015, all’università gesuita Gregoriana di Roma, si è tenuta la conferenza internazionale “La vocazione e la missione della famiglia nella Chiesa e nel mondo contemporaneo”. Evento organizzato da tre episcopati europei: francese, tedesco e svizzero. La sua finalità era quella di prepararsi al Sinodo Ordinario dei Vescovi sulla famiglia che si è svolto nell’ottobre del 2016. Come illustrano le presentazioni pubblicate sulle pagine delle tre conferenze episcopali menzionate, lo scopo principale della conferenza era quello di presentare una teologia del matrimonio e della famiglia alternativa rispetto a quella presentata da Giovanni Paolo II.
Durante la conferenza sono comparsi appelli alla revisione del magistero dell’enciclica di Paolo VI Humanae vitae, così importante per la teologia del matrimonio di Giovanni Paolo II. Tali proposte si richiamavano alla concezione della coscienza creativa e all’argomentazione proporzionalistica – entrambe le teorie sono state descritte e respinte come errate da Giovanni Paolo II nell’enciclica Veritatis splendor. Alcuni dei docenti hanno esortato a rinunciare, nella teologia cattolica del matrimonio, alle immagini bibliche quali: il matrimonio come imago Trinitatis o il matrimonio come immagine dell’amore di Dio (Cristo) per il suo popolo (Chiesa).
Immagini di questo tipo, secondo il parere dei partecipanti alla conferenza, presentano un ideale che non dice molto sulla realtà dei matrimoni cristiani. In un contesto in cui si rifiuta l’ideale per un misurarsi più coraggioso con la grigia quotidianità, l’amore coniugale, inteso come dono si sé, risulta essere un peso che i giovani d’oggi non riescono a reggere. L’accettazione priva di senso critico, da parte dei partecipanti alla conferenza, del postulato di amministrare la Comunione alle persone divorziate e che vivono in un’altra unione, accompagnava i postulati di rivalutazione etica di tali comportamenti, finora ritenuti peccaminosi, come la convivenza sessuale prima del matrimonio e fuori dal matrimonio o gli atti omosessuali.
La Chiesa è come “un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche” (Mt 13,52). Nell’insegnamento della Chiesa non si tratta mai di perdurare ostinatamente nelle conquiste passate; i tempi nuovi formulano sempre nuove domande e richiedono un approccio creativo all’eredità della Chiesa. Tuttavia è importante che il magistero della Chiesa non sia trattato come una “zavorra inutile” che deve essere dimenticata quando ci si confronta con le sfide correnti. Ciò riguarda in particolare l’insegnamento di Giovanni Paolo II sul matrimonio e sulla famiglia: l’insegnamento del “Papa della famiglia”. Le Chiese che si basano sul magistero di Giovanni Paolo II nella propria catechesi sul matrimonio, possono attestare la freschezza imperitura e l’attrattiva di tale insegnamento.
Jarosław Kupczak OP
teologo, professore della Pontificia Università Giovanni Paolo II a Cracovia