Rif.: Ger 20,10-13; Sal 8,8-10.14.17.33-35; Rm 5,12-15; Mt 10,26-33
Ci inoltriamo nel tempo ordinario, il tempo della quotidianità, tempo della routine. Ma per il cristiano ogni tempo è occasione preziosa per fare esperienza di Dio che, giorno per giorno, vive al nostro fianco. Nella prima lettura, il profeta narra la dura esperienza della persecuzione e della incomprensione, rifiutato e condannato dal popolo, egli sente che Colui che l’ha inviato non lo abbandona, ma, “come un prode al suo fianco”, lo difende da ogni male. Gesù seguirà la stessa sorte di Geremia, anch’egli sarà rifiutato e condannato dal popolo, ma non verrà meno la sua fiducia nel Padre nemmeno quando si ritroverà sulla Croce. Oggi le sue parole esortano anche noi ad avere fiducia incondizionata in Dio, gli uomini possono uccidere il corpo, ma nulla possono contro l’anima. Il male vero è perdere l’anima, è lasciare che il male la circondi e l’assalga, che l’orgoglio si insinui in essa, che la vanagloria la sconfigga…
Il bene è rimanere fedeli al compito che Dio ci dà: annunciare, con coerenza di vita e di parola, la nostra fede e tutto ciò che essa comporta. Ma non sempre il credente e il suo annuncio sono guardati con simpatia, il più delle volte, infatti, essi provocano reazioni di avversità, critiche, persecuzioni più o meno dichiarate. La vita del credente è una vita in cui fede e paura, annuncio e compromesso continuamente si scontrano. Come la vita del singolo, così anche quella della Chiesa che, a fasi alterne, è passata dall’eroica testimonianza del martirio al silenzio, dall’annuncio coraggioso alla paura di creare ulteriori contrasti. Un cammino di sofferenza, che, se da un lato mostra la debolezza umana, dall’altro ci induce a riflettere sul difficile compito che tutta la Chiesa e ogni cristiano è chiamato a svolgere.
Un cammino in salita, nel quale, però, non siamo mai stati lasciati soli, nel quale il:”Non temete…, non abbiate paura…, non abbiate timore” ha accompagnato, sostenuto il passo vacillante, incoraggiato i deboli, rafforzato i coraggiosi.
“Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio predicatelo sui tetti”. Sulle orme di Cristo, che amava predicare sulle rive del mare, sulla sommità del monte, negli ampi spazi delle pianure, il cristiano non deve chiudere il suo annuncio in spazi ristretti dove solo a pochi è dato di ascoltare; egli è chiamato a gridare al mondo l’amore di Dio che Cristo ci ha rivelato. Compito della Chiesa è formare e informare che ogni uomo ha una dignità che gli deriva dall’essere a immagine di Dio, dall’essere amato da Dio.
San Giovanni Paolo II è stato tanto amato proprio perché più di ogni altro è stato il papa che, in nome di Cristo, ha gridato al mondo la necessità della pace, ha riconosciuto ad ogni uomo la libertà e la dignità di avere un credo religioso e il diritto ad una vita dignitosa. Egli si battuto per la vita e per l’infanzia calpestata e sfruttata, ha avuto il coraggio, in forza della fede, di condurre la Chiesa ad un profondo esame di coscienza, a riconoscere gli errori commessi lungo la storia e a chiederne ufficialmente e dolorosamente perdono. Il suo rimane un esempio forte, un invito ad andare avanti, ad ascoltare con maggiore attenzione ciò che Gesù ci dice, ad avere una fede forte e sincera che non trema davanti agli ostacoli e alle persecuzioni, poiché, se perfino due piccoli passeri sono conosciuti e amati da Dio, molto più lo siamo noi “che non ci vergogniamo mai della nostra fede, ma confessiamo con franchezza il tuo nome davanti agli uomini” (Preghiera di Colletta II).
L.R.