Rif.: Zc 9,9-10; Sal 144,1-2.8-11.13-14; Rm 8,9.11-13; Mt 11,25-30
Con le sue profezie, Zaccaria – uno dei profeti minori – anticipa il profilo della missione di Cristo. Oggi ci troviamo di fronte ad un re, vittorioso ed umile, che giunge a dorso di asino. E’ evidente il riferimento all’entrata di Gesù in Gerusalemme, dove egli arriva, non tronfio dei miracoli compiuti, ma cavalcando un asino – umile animale da soma e di pace. Ed è proprio l’umiltà la nota predominante delle odierne letture. Umiltà che è propria di Cristo e che lo spingerà a dire ai discepoli: “imparate da me che sono mite ed umile di cuore”.
Non potrebbe essere altrimenti, in quanto l’umiltà è la strada che Cristo stesso ha percorso e percorre continuamente per venirci incontro. Non è Egli disceso dal cielo, non si è fatto uomo, Lui che è Dio? Non ha affrontato la morte Lui che è l’Eterno? Non si china pietoso su noi poveri peccatori, Lui che è il Bene assoluto? Il cammino di Dio è un cammino che va verso l’abisso, pur di chinarsi su chi non avrebbe mai la possibilità di raggiungerlo.
Ecco che allora incontrare Cristo significa sentirsi sollevati dalla fatica di salire là dove mai potremmo arrivare, significa appoggiarsi a Lui che ogni peso porta al nostro posto. Se Dio non fosse umile, tanto umile da scendere, noi perderemmo ogni speranza di poter salire a Lui!
Gesù si presenta a noi anche come colui che condivide ogni nostro peso rendendolo leggero, che comprende ogni nostra difficoltà e sofferenza e la allevia, come colui che dona senso alla nostra via rendendola utile e dignitosa. In questa condivisione, in questa intimità con Cristo, ci viene donata la conoscenza di Dio, una conoscenza che nasce dalla vita in comune e dall’amore. Conoscenza che esula dallo studio o dai paroloni, alla quale basta uno sguardo per intendersi, una parola per comprendersi.
E’ la conoscenza di sé che Dio dona agli umili, ai piccoli, a coloro che di Lui hanno bisogno, a Lui si stringono, in Lui confidano, Lui cercano costantemente. Ed è proprio ai piccoli che il Padre si rivela, come una tenera madre che si fa conoscere al figlio piccolo con un gesto di amore.
Il ristoro che Gesù promette non è altro che l’approdare in Dio e conoscerlo nella pienezza del suo amore tenero e misericordioso. Non a caso il terzo comandamento ci dice di osservare il riposo santificando le feste, poiché l’uomo non è fatto per la fatica e il dolore, ogni giorno feriale è preparazione al riposo festivo, dove Dio fa splendere il suo volto, ci annuncia e ci dona la gioia di incontrarlo, la speranza di vivere in Lui per sempre. Pegno e anticipo di questa eterna gioia è la presenza in noi dello Spirito Santo che ci guida a comportamenti, pensieri ed azioni degni di Dio che, nello Spirito, già abita in noi (II lett.).
L. R.