Rif.: Is 55,10-11; Sal 64,10-14; Rm 8,18-23; Mt 13,1-23
Nella prima lettura, Dio paragona la sua Parola ad una pioggia benefica, che, irrorando la terra, la feconda e le permette di portare frutto, così che ognuno abbia ciò di cui ha bisogno: il seme per il seminatore e il pane per l’affamato. Isaia profetizza in tal modo la missione di Cristo che, venuto sulla terra come benefica pioggia, non tornerà al Padre se non dopo aver compiuto fino in fondo la volontà divina.
In stretta connessione alla profezia, Gesù paragona se stesso, le sue parole e i suoi gesti ai semi che, sparsi nella terra, cadono in posti diversi. Solo il seme che trova terreno fertile porterà frutto, per gli altri c’è il Maligno pronto a rubarne i benefici, la mancanza di radici che ne impedisce lo sviluppo, la preoccupazione del mondo e la seduzione della ricchezza che li soffocano. Mentre il seme che trova fertile terra fiorirà e dispiegherà tutta la sua bellezza nel ciclo inarrestabile delle stagioni.
In queste parole c’è il simbolismo del nostro cuore che, di volta in volta, assume i vari aspetti del terreno, un cuore che la disattenzione rende simile al ciglio della strada dove il continuo andirivieni di uomini e animali calpesta il seme e ne impedisce la crescita; oppure un cuore superficiale ed incostante, simile al terreno sassoso in cui la Parola fiorisce, ma non attecchisce per mancanza di profondità e quindi di radici.
C’è, infine, il cuore simile ad un cespuglio di rovi, in esso la Parola scende, trova terreno, ma una volta fiorita, viene soffocata e trafitta dalle preoccupazioni del mondo e dalla seduzione della ricchezza. In questo modo Gesù dipinge le drammatiche situazioni in cui viene a trovarsi l’anima quando sfugge all’azione di Dio e della sua Parola che è seme prezioso, contenente in se stesso fecondità e vita, ma perché si sviluppi è necessario che l’anima si apra all’accoglienza, si lasci dissodare e liberare da sassi e rovi, che sia solcata dalle prove e dalla sofferenza, fecondata dal silenzio e dalle lacrime.
Per divenire fecondo il nostro cuore deve essere arato dalla speranza, dalla preghiera, dall’attesa e continuamente concimata dalla preghiera. E’ in questa dolorosa preparazione del terreno che la Parola agirà allo stesso tempo come pioggia e seme: come acqua essa disseta e dà vita, come seme si nasconde nelle profondità dell’anima e là si trasforma in speranza, divenendo il senso stesso della vita.
Futuro e presente si incontrano in queste letture, che nelle difficoltà della vita presente ci fanno intravedere la bellezza della prossima primavera, quando nel fiorire della natura potremo pregustare lo splendore del Regno che ci attende. E’ la stessa speranza del seminatore che “nell’andare, se ne va e piange, portando la semente da gettare” (Sal poiché si priva di quel prezioso seme che potrebbe diventare pane, ma nel “tornare reca con gioia i suoi covoni”, poiché al piccolo sacrificio della semina è seguito la generosità del frutto e l’abbondanza del raccolto.
“Accresci in noi, o Padre, la disponibilità ad accogliere il germe della tua parola, che continui a seminare nei solchi dell’umanità perché fruttifichi e riveli al mondo la beata speranza del tuo regno”.
L.R.