Rif.: 1Re 3,5.7-12; Sal 118,57.72.76-77.127-130; Rm 8,28-30; Mt 13,44-52
Nel Vangelo Gesù parla del regno dei cieli come qualcosa di molto prezioso, destinato a coloro che lo cercano e che ne sanno apprezzare il valore inestimabile. Esso è simile ad un tesoro celato in un campo o ad una perla preziosa, per ottenere i quali si richiede una scelta ben precisa e la rinuncia ad ogni altro bene. Così come Salomone che, rinunciando alle tante cose che Dio gli offriva, chiese un cuore docile, tale da poter governare con giustizia e distinguere il bene dal male.
Non ricchezze, né fama, né potenza, semplicemente un cuore docile alla voce, alle parole e alla Legge di Dio. Non c’era bene più pregiato, reputò Salomone, e Dio ricompensò la sua scelta donandogli anche ciò che non aveva chiesto. Tutte queste scelte si dimostrano sagge: i molti beni perdono importanza di fronte all’unica cosa che ha un valore assoluto. E’ chiaro che tutto ci conduce ad un piano spirituale dove bisogna scegliere tra le cose transitorie del mondo ed il bene assoluto che è Dio oppure tra le tante fedi religiose che il mondo propone e Cristo. Per noi cristiani non c’è dubbio, il tesoro nascosto e la perla preziosa, per cui vale la pena di tralasciare ogni altra cosa, non è altri che Gesù, Egli solo è Verità, Vita e Via che conduce a Dio.
Vi sono, però, cose alle quali è necessario rinunciare ed altre che rappresentano valori da conservare strettamente. Questo è quanto vuole dirci Gesù citando l’esempio dello scriba convertito, simile ad un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose antiche e cose nuove. In questo caso, infatti lo scriba non deve operare nessuna scelta, ma semplicemente approdare in Cristo, poiché è Lui che l’ebraismo annuncia ed attende. Il cristianesimo, infatti, è come un albero di cui la fede ebraica è la radice, da questa nasce quello e tutto si compie nel Regno di Dio che è Cristo!
C’è inoltre da considerare che ogni fede religiosa, ogni uomo possiede in sé valori irrinunciabili che vanno gelosamente custoditi. Se il Mahatma Gandhi, ad esempio, si fosse convertito, avrebbe trovato nel cristianesimo un valore aggiunto ed il suo naturale amore per la pace, per l’uomo, per la giustizia, sarebbe divenuto “carità”, si sarebbe cioè fuso con l’Amore di Dio.
Oggi – in un mondo in cui anche il soprannaturale è vivisezionato alla luce della razionalità – forse anche il cristiano è chiamato a riscoprire antichi valori quali la fede semplice e spontanea delle nostre nonne, la loro preghiera costante fatta con tutta la famiglia, il segno di croce che iniziava il giorno e lo concludeva. Forse Gesù vuole proprio dirci che la fede, quando è autentica, sa mescolare il moto del cuore all’intelligenza, per questo travalica il tempo e si fissa nell’eternità. E allora basterà guardare con attenzione dentro di noi per riscoprire l’antica semplicità e ad essa unire il nuovo di una fede approfondita ed annunciata con conoscenza.
L.R.