Rif.: Dn 7,9-10.13-14; Sal 96,1-2.5-6.9; 1Pt 1.16-19; Mt 17,1-9
Quando si percorre una strada faticosa, intravedere la meta finale infonde nuovo vigore, il cammino sembra accorciarsi e divenire più agevole. Così, per rendere più spedito il passo del cristiano, la Chiesa propone l’evento della Trasfigurazione – che mostra la gloria del Signore, ed in Lui, la nostra gloria – in due momenti strategici dell’anno liturgico; il primo, durante la Quaresima, affinché la visione della gloria futura renda meno pesante la penitenza presente; il secondo, nel cuore dell’estate, il 6 agosto, quando alla leggerezza degli abiti fa riscontro la leggerezza interiore, ed è necessario richiamare i fedeli alla fede ed alla coerenza di vita. La Trasfigurazione del Signore, infatti, è ricca di numerosi spunti di riflessione a cominciare dal luogo, dai personaggi e dalle azioni che essi compiono.
Gesù porta con sé, solo tre discepoli, e li conduce, su un alto monte, in un luogo solitario e silenzioso, qui Egli si trasfigura, le sue vesti ed il viso diventano splendenti; gli si affiancano Mosè ed Elia, simboleggianti la Legge e i Profeti, Pietro, che vorrebbe fermare tale prezioso momento, è interrotto da una voce potente: “Questi è il Figlio mio, l’amato… Ascoltatelo”.
La salita sul monte indica l’asperità di un cammino spirituale non facile, ma nel quale Gesù ci accompagna, alla fine della scalata Dio ci attende, è là che troveremo il nostro ultimo destino, un destino di gloria condivisa con il Suo Figlio.
La silenziosità del luogo ci dice che Dio ama incontrarci nella solitudine, lontano da sguardi importuni, perché l’amore chiede discrezione ed intimità. L’amante e l’amato vogliono essere protagonisti assoluti l’uno dell’altro. La presenza degli apostoli è necessaria solo perché dovranno dare testimonianza di quanto accaduto. “Siamo stati testimoni oculari della sua grandezza”, scriverà Pietro (II lett.).
La luminosità del viso e delle vesti, indica che la luce emanata da Gesù è interiore, attraverso la carne Egli mostra la gloria della sua vita divina, vita, che è venuto a condividere con noi! La Trasfigurazione sul monte illumina così anche la prima trasfigurazione del Signore: l’Incarnazione. Fragile bambino, ha rinchiuso nella debolezza umana la sua divinità, per arricchire l’umanità con la sua vita divina.
Mosè ed Elia rappresentano il compendio di tutta la Scrittura: là tutto ci è stato detto, tutto rivelato, tutto conduce a Cristo, tutto da Lui discende, tutto parla di Cristo, Figlio diletto del Padre. Il progetto di Pietro, di costruire tre tende per fermare quel momento straordinario, è interrotto: questa vita ci è data per andare, annunciare e testimoniare. Dopo la Trasfigurazione, infatti, per Cristo c’è la discesa dal monte e la Croce, per i suoi discepoli la piccola croce di ogni giorno, la docile e paziente sequela.
Quando le difficoltà aumentano di numero e di durezza, quando la stanchezza si fa sentire e la tentazione di fermarsi è forte, la Voce di Dio ci raggiunge e, ancora una volta, esorta: “Questi è il Figlio mio, l’amato… Ascoltatelo” e allora la Scrittura diviene il nostro rifugio, il nostro luogo segreto e silenzioso dove incontrare Dio, dove ascoltare e parlare a Cristo che ascolta e parla al nostro cuore.
L. R.