Rif.: Sir. 27,33-28,9; Sal 102/103,1-4.9-12; Rm 14,7-9; Mt 18,21-35
Chi non ha misericordia per l’uomo suo simile, osa pregare per i suoi peccati? La domanda retorica del Siracide ci introduce nel tema del perdono fraterno. Su questo cardine, infatti, ruota tutta la liturgia odierna che pone a confronto il perdono incommensurabile che Dio riversa su di noi, come un fiume in piena, e il perdono che, avaro e stentato, esce dal nostro cuore goccia a goccia.
Perdono, ma non dimentico, si sente ripetere e nell’agenda personale si continuano a segnare le offese, alimentando sentimenti di rivalsa e di rancore che il Siracide definisce cose orribili, segni caratteristici del peccatore. Eppure la domanda è chiara: come osiamo noi che siamo creature paragonare la nostra dignità a quella di Dio?
La chiave della vita
Anche nel Vangelo viene ripresa la differenza che c’è tra l’uomo e Dio, tra la nostra e la sua dignità, tra le nostre azioni e le sue. Nella scorsa settimana Gesù aveva parlato della correzione fraterna che mira ad affiancarsi al fratello e a correggerlo per evitare che si perda. Al centro di ogni rapporto vi è Cristo che accoglie, unisce e dà forza alla preghiera comunitaria (dove sono due o tre riuniti nel mio nome…).
Oggi Gesù ci parla del perdono come chiave di lettura dell’essere cristiano. Il confronto avviene tra un re che condona un debito di inestimabile valore ed il servo perdonato che a sua volta non libera il suo compagno da un debito decisamente irrisorio. Egli ha subito dimenticato la bontà del suo padrone e, per il poco che gli era dovuto, perde il molto che gli era stato donato.
Il circolo vitale
Dio infatti perdona senza rivendicazioni, senza contare le offese, ma il suo perdono penetra solo in un cuore che sa a sua volta perdonare. Perdonati, perdoniamo esorta s. Agostino. Invece nella parabola il debitore prega ed è esaudito, ma a sua volta pregato nega. E’ questa sua chiusura, questo suo isolamento che verranno puniti, poiché in questo modo ha interrotto il circolo vitale dell’amore che deve legare l’uno all’altro (ama il prossimo tuo come te stesso). Non si può negare al fratello ciò che si chiede per noi!
Ed è necessario anche riflettere su quanto grandi siano i debiti che abbiamo con Dio e su come sarebbe impossibile estinguerli se non fosse per la sua amorosa dimenticanza, per la sua benevolenza e soprattutto perché ogni nostro debito è già stato condonato in Cristo. Deve costantemente sorprenderci il fatto che Dio riesca a sopportare con grande tolleranza ciò che noi non perdoneremmo, né perdoniamo agli altri, eppure Dio tollera, per amore ed in vista del perdono, ciò che per noi è intollerabile!
Il perdono, allora, è una dimensione da vivere, non un limite, ma uno spazio infinito nel quale muoversi accettando noi stessi e gli altri con misericordia, con amore, riconoscendosi l’uno nelle debolezze dell’altro, affratellati dagli errori e dal bisogno che Dio volga il suo sguardo misericordioso su tutti noi. Solo così potremo avere non pietà, ma amore e comprensione assoluta per chi ci vive accanto.
LR