Rif.: Is 55,6-9; Sal 144,2-3.8.9.17-18; Fil 1,20c-24.27a; Mt 20,1-16
Come uno scrigno il Vangelo si apre per mostrarci il suo prezioso contenuto. La sua parola va ascoltata in silenzio, accolta nel cuore, compresa con l’intelligenza, amata come ineguagliabile dono, vissuta nella vita di ogni giorno.
Collaborare con Dio
Al centro del brano si staglia la figura del padrone della vigna, figura di Dio che va in cerca dell’uomo ad ogni ora del giorno. Nel vangelo sono citate l’alba, le nove, mezzogiorno, le tre e le cinque, corrispondenti alle ore della preghiera ebraica prima e cristiana poi. La preghiera è dunque il momento dell’incontro con Dio, il momento in cui ci sembra di averlo cercato mentre, in realtà, è Lui che è venuto a cercarci per invitarci a lasciare tutto e seguirlo per andare a lavorare nella sua vigna. E’ il momento unico, in cui il “Signore si fa trovare ed è vicino”(cfr. I lett.).
Il simbolismo è chiaro, la vigna altri non è che questo mondo in cui ogni credente è chiamato a collaborare con Dio, non importa se per un’ora, per tre o per tutta la vita. L’importante è rispondere, è aderire al compito assegnatoci, è compiere anche una sola opera buona, purché sia quella che Dio ci chiede.
Il valore del lavoratore
Ancora tanti gli spunti di riflessione presenti in questa pagina evangelica tanto dura e tanto bella. Vediamo che il padrone della vigna non si stanca di andare a chiamare sempre nuovi operari perché nessuno rimanga senza lavoro. E’ chiaro che quelli dell’ultima ora potranno fare pochissimo, ma al padrone evidentemente non interessa tanto la quantità di lavoro svolto, quanto il dare dignità e utilità alla vita di ciascuno.
Un uomo senza lavoro è un parassita. Dio dunque non tiene tanto al lavoro quanto al lavoratore. Ne consegue che anche la ricompensa non è data in base alla quantità di lavoro, ma alla dignità dell’uomo ed alle sue necessità, magari ha una famiglia da mantenere…
La dignità di ciascuno
Ma il significato del Vangelo non è mai solo letterale, bisogna sempre trasferire il tutto su un piano spirituale ed allora si comprende perché la ricompensa sia uguale per tutti. La nostra ricompensa è infatti Dio stesso, la nostra intimità e la comunione di vita con Lui ed allora come si potrebbe suddividere una tale ricchezza: Dio non è divisibile, la sua essenza, la sua vita non è quantificabile. E del resto, se siamo in Lui, ci accorgiamo quanto sia assurdo guardare gli altri…
Alla luce del Vangelo è facile anche rispondere a chi chiede perché Dio sia tanto “assurdo” per la nostra mentalità. Perché Egli è un Dio di amore e la sua giustizia all’amore è ispirata. Egli non fa preferenze. Dinanzi a Lui ogni uomo è uguale all’altro. Ciascuno con la propria dignità di figlio, ne consegue che Dio è venuto e viene a chiamare sia il sacerdote cattolico che il terrorista islamico, sia il cittadino benestante che l’immigrato di colore. La differenza non la fa Dio, ma noi con le nostre paure, con il livore dei nostri pregiudizi, con l’arroganza di voler giudicare al posto di Dio e con la presunzione di fare e di saperne più di Lui!
“O Padre, apri il nostro cuore all’intelligenza delle parole del tuo Figlio, perché comprendiamo l’impagabile onore di lavorare nella tua vigna fin dal mattino”.
L.R.