Rif.: Gn 15,1-6; 21,1-3; Sal 104,1-9; Eb 11,8.11-12.17-19, Lc 2,22-40
Siamo ancora nel cuore del tempo di Natale, tempo di vita e di fede. Lo stretto rapporto tra fede e vita percorre anche l’intera liturgia di questa domenica che celebra il mistero della Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe. Una famiglia, solo all’apparenza normale, in realtà del tutto speciale poiché che in essa si è incarnato lo stesso Figlio di Dio assumendo le fattezze di un Bimbo.
Gesù affidato ai suoi genitori
In questa Famiglia, santa per la presenza del Signore, Gesù muove i suoi primi passi sulla terra inserendosi nelle stesse debolezze dell’uomo. Egli, deposta la gloria che da sempre gli appartiene, si mostra a noi come un neonato: non sa ancora parlare, non può e non sa esprimere la sua volontà né prendere decisioni. Non ha ancora imparato la lingua del suo popolo. Egli, Re del cielo e della terra, è completamente affidato alle cure dei suoi genitori, sperimentando fin dalla nascita la difficoltà e il limite dell’essere uomo.
Egli non può da solo assolvere le prescrizioni rituali e nemmeno le conosce, sono i suoi genitori a condurlo al Tempio per l’osservanza della Legge e delle sue regole, paradossalmente saranno essi che gli parleranno di Dio e gli insegneranno il comportamento, gli usi, la lingua e le preghiere: divenire uomo comporta consegnarsi agli uomini, affidarsi ad essi.
L’amore unisce la famiglia
Le festa di oggi è ricca di insegnamenti e di spunti di riflessioni. Il primo è che la famiglia è innanzitutto affidamento, ciascuno dei suoi membri, infatti, è affidato alla cure e alla protezione dell’altro: i piccoli ai grandi, i vecchi ai giovani. In essa ciascun membro è chiamato alla responsabilità dell’altro e il benessere di tutti dipende dall’aiuto reciproco. La famiglia è inoltre una sorgente e un circolo d’amore che vincola i suoi componenti l’uno all’altro, ed in questo amore umano Dio materializza la fecondità del suo amore divino.
Celebrare la Sacra Famiglia è celebrare il mistero della Vita che si concretizza in ogni uomo, è celebrare la propria appartenenza a Dio che di ogni vita fa un inestimabile dono, così come leggiamo nella Prima Lettura.
Sorgente della vita
Nessuna ricchezza può consolare Abramo per la mancanza di un figlio, ed è ormai troppo vecchio per poter sperare… eppure Dio gli promette una numerosa discendenza. Abramo “credette al Signore…” e “Sara concepì e partorì ad Abramo un figlio nella vecchiaia” (I lett.). Ma l’amore e la fede di Abramo e Sara compiono il miracolo della vita, Isacco nascerà da due vecchi genitori e compirà le promesse del Signore. Molte saranno le vicende di Isacco, molte le vicende del Figlio di Dio, ma per ora le loro madri stringono al seno i loro figli, fiduciose e liete esse si affidano ancora una volta a Dio, intanto gioiscono e si dissetano a quella vita che attraverso di loro Dio dona al mondo.
Figli come dono e compito
Un ultimo insegnamento ci viene dalla Sacra Famiglia, i figli sono un “Dono” che ci viene affidato, essi non ci appartengono, noi abbiamo il compito di amarli, aiutarli a crescere ed educarli perché diventino uomini e donne di fede e di amore. Uomini e donne coerenti alla loro dignità e all’immagine di Dio impressa in loro. E proprio i figli saranno i nostri primi intercessori presso Dio, essi ci faranno assolvere o condannare a seconda delle cose che avremo loro insegnato.
Gesù, Giuseppe e Maria siate voi a guidare la famiglia mia…
L.R.