Rif.: Dt 18,15-20; Sal 94/95,1-2; 6-9; 1Cor 7,32-35; Mc 1,21-28
Il popolo, terrorizzato dalla potente manifestazione divina sul Sinai, dove si erano scatenati fulmini e boati di tuoni spaventosi, aveva chiesto che fosse scelto un uomo che parlasse con Dio così da essere risparmiati da tanto terrore. Dio acconsente, ci sarà un profeta grande come Mosè, al quale Dio porrà in bocca le sue parole e gli comanderà cosa dire. Comincia così l’attesa messianica di Israele e Gesù mostrerà, con le parole e le opere, di essere Lui l’Atteso e l’Inviato, anzi di essere il Figlio di Dio.
Profeti, uomini mandati da Dio
Le letture ci introducono in questo modo nel tema del profetismo che ha accompagnato per secoli la storia di Israele fino alla venuta di Cristo. Quasi sempre rifiutati e perseguitati dal popolo, i profeti erano incaricati di trasmettere la Parola di Dio. Figura di rilievo, il profeta aveva innanzitutto il compito di parlare in nome di Dio, di richiamare il popolo e guidarlo sulla via dell’obbedienza, dell’osservanza dei precetti e della sincerità del culto.
La sua figura era testimonianza della costante presenza, preoccupazione e amore di Dio per il suo popolo. Spesso annunciava il castigo e l’ira divina, ma ancor più spesso prometteva misericordia, riscatto e salvezza.
Il più grande profeta – il Santo di Dio
Gesù segna la fine del profetismo, Egli viene nel mondo con l’autorità, la compassione e l’amore di Figlio di Dio. Lo dimostra il suo insegnamento autorevole che non ha bisogno di citazioni o di rifarsi ad altri, ma scaturisce dalla profondità del suo essere unito al Padre in corrispondenza di volontà e sentimenti. Lo dimostrano le sue opere mirate a liberare e sanare l’uomo dal male. Ed è l’odierno episodio del Vangelo a dirci tutto questo.
Gesù si trova a Cafàrnao dove ha inizio la sua missione terrena. Nella sinagoga dove è entrato a pregare con gli altri, parla con un’autorità che stupisce i presenti, ma un grido rompe il silenzio: “sei venuto a rovinarci… io so chi tu sei: il Santo di Dio”. Lo spirito immondo parla al plurale, egli è portavoce di tutti gli altri e mostra di conoscere quell’Uomo molto meglio di tutti i presenti e dei suoi stessi discepoli, quell’Uomo è “il Santo di Dio”. Ma Gesù non accetta una testimonianza che viene dal male: “Taci!”. Le sue parole attuano all’istante ciò che comandano “e lo spirito immondo straziandolo e gridando forte, uscì da lui”.
Chiamati a essere collaboratori di Gesù
L’evangelista Marco ci presenta così gli inizi della missione di Cristo sulla terra. Venuto per la nostra salvezza la sua prima preoccupazione è stata quella di scegliersi degli Apostoli perché continuassero la sua opera nel tempo, la loro formazione nascerà dalla vita vissuta insieme a Cristo, dall’averlo ascoltato, accompagnato, abbandonato e poi tornati per testimoniare con il martirio e la morte la loro fede e devozione in Lui.
Una fede forte quella degli Apostoli che sollecita anche noi ad aver fede in Colui che è venuto a portare al mondo una nuova legge, la sola capace di liberarci dai legami del male quali l’orgoglio, l’odio, l’invidia, la malevolenza, dell’impurità.
E’ la legge dell’amore gratuito, del perdono incondizionato, della preghiera fatta anche per i persecutori, i nemici, le persone sgradevoli o antipatiche. E’ la legge che ci spinge a farci prossimo di chi ha bisogno di aiuto, di un bicchiere d’acqua o solo di un sorriso, è la legge che proclama una giustizia sociale fatta di un unico comandamento: riconoscere ad ogni uomo la dignità di amato da Dio e redento da Cristo.
Una legge da osservare con l’impegno quotidiano, ma è la sola che ci consente di “comportarci degnamente e restare fedeli al Signore, senza deviazioni” (cfr. II lett.).
L.R.