Gen 22,1-18; Rm 8,31-34; Mc 9,2-10
Come di consueto, la Trasfigurazione del Signore campeggia nella seconda domenica di Quaresima, il suo splendore sembra dirci che al di là della penitenza, delle difficoltà, delle debolezze umane ciò che ci attende è un destino di gloria. Gloria che ci verrà dalla comunione con Dio, dall’obbedienza incondizionata alla sua volontà, come fu per Cristo, per Abramo e per tutti i giusti di cui la Scrittura ci parla, obbedienza che è accolta da Dio come il supremo atto di fede.
Chi potrà dubitare dell’amore di Dio?
La prima lettura ci parla di Abramo, a cui Dio chiede di sacrificare il figlio, il suo unico figlio, figlio sperato ed atteso invano per tanti anni, giunto quando ormai la vecchiaia era avanzata e la speranza di averlo affievolita. E Abramo, che ha risposto sempre “Eccomi” alla chiamata di Dio, silenziosamente si avvia con il figlio lungo l’impervio cammino del monte Moria, luogo dell’olocausto. Padre e figlio, con il cuore colmo di disperazione il primo e di angoscia il secondo, camminano insieme, uniti nell’obbedienza e nella fede… e giungono nel luogo della loro comune “agonia”…
Dio però impedisce che una tale tragedia si compia, non infligge ad Abramo ed Isacco una pena che non avrebbe né effetto, né senso. E Dio riserverà a se stesso la drammatica, incredibile offerta del Figlio suo, l’Amato per la salvezza di noi peccatori. Dopo un dono di tal genere chi potrà dubitare di Dio, del suo amore, della sua misericordia, si chiede l’autore della Lettera ai Romani, “come Dio non ci donerà ogni cosa” dopo il dono del Figlio?
Dalla Croce la Gloria
Ed eccoci giunti alla pagina della Trasfigurazione, scrigno prezioso di numerose riflessioni. Essa è innanzitutto il trait d’union che mette in relazione il primo annuncio che Gesù fa della sua Passione con il secondo. E’ il momento della visibilità della gloria non tanto di quella che Gesù aveva prima di venire su questa terra o di quella che lo attende, ma della Gloria che è insita nella Passione stessa. Gloria che scaturisce dalla Croce accettata in totale obbedienza alla divina volontà e di cui Gesù parla ora con Mosé ed Elia (cfr. Luca).
L’episodio, che tutti gli evangelisti narrano, mostra avere una quadruplice valenza: fu data agli Apostoli ed a noi come incoraggiamento per dirci che non di sole difficoltà è la vita e la gloria è la meta ed il senso del nostro soffrire, gloria che è riverbero della luce divina che risplende già in noi da quando siamo stati immersi in Lui nel Battesimo, ed ora di Lui viviamo nell’Eucaristia, con Lui affrontiamo il peso di ogni nostra infermità ed il combattimento dell’ultima agonia.
E’ per Cristo “confermazione” della sua missione e del suo compito messianico. La sua adesione alla volontà del Padre è accolta ed Egli è confermato Salvatore dalle parole del Padre: “Questi è il Figlio mio, l’Amato”.
E’ universale l’imperativo: “Ascoltatelo” che sancisce lo scopo primo di tutta la predicazione di Cristo: dire al mondo l’amore di Dio e nella croce mostrare che questo amore all’amore ha tolto ogni limite. E’ Gesù la Parola divina che “come pioggia e neve, discesa dal cielo, non vi ritorna senza aver fecondata e fatta germogliare la terra, perché dia il seme a chi semina e il pane a chi mangia”. E, che, come profetizzato da Isaia:
“Non tornerà a me senza effetto, senza aver operato ciò che desidero e senza aver compiuto ciò per cui l’ho mandata” (Is 55.10-11)
Ed infine la Trasfigurazione – che inizia e finisce con gli apostoli soli con Gesù – posta in questo tempo quaresimale, è invito a vivere con “Gesù solo con noi”. Affinché la Trasfigurazione non diventi un episodio tra i tanti è necessario che diventi “vita vissuta” che cioè tutta la nostra vita trascorra in intimità con Cristo, Lui solo sia il compagno, l’amico, la guida, sia Lui l’unico con il quale arriviamo al Padre, il solo con cui abbiamo il coraggio e la forza per vivere la croce. Solo con Gesù possiamo vivere la vita di tutti i giorni e giungere alla Vita che ci attende.
L.R.