Dn 3,25.34-43; Sal 24; Mt 18,21-35
“Non c’è delusione per coloro che confidano in te… non coprirci di vergogna”.
La preghiera di Azaria
Le accorate invocazioni della preghiera di Azaria ci coinvolgono profondamente perché esprimono lo stato d’animo di coloro che, pur riconoscendosi peccatori, si rivolgono a Dio sperando di essere ascoltati e perdonati. Azaria riconosce che il popolo ha peccato molto e perciò vive ora un meritato castigo, ma è pur vero che Dio è ricco di misericordia, Amore è il suo nome, e Azaria sa che la sua preghiera verrà accolta: Dio, in un modo o in un altro, lo salverà.
Perdonare è sempre un sacrificio
Questo ci fa comprendere che il perdono è una strada difficile da percorrere e che per imparare a perdonare è necessario il sacrificio e, a volte perfino la rinuncia a una parte di sé. Esaminandoci infatti possiamo constatare che anche noi siamo come quel servo dal vangego di oogi, quando, nella Confessione, chiediamo a Dio di perdonarci, ma poi, appena usciti fuori, ricominciamo a giudicare gli altri. Troppo facilmente arriviamo a mancare comprensione verso gli altri, pretendiendo allo stesso tempo che Dio ci perdoni senza tante storie, appena glielo chiediamo.
Mi piace ricordare che, quando vivevo in Spagna, in certe parrocchie nella zona dove lavoravo, a volte si celebrava, ma in modo illegitimo, il sacramento di riconciliazione comune con assoluzione generale, senza confessare i peccati individualmente. Per l’occasione, molta gente arrivava da una grande città del nord della Spagna per ricevere l’assoluzione, percorrendo anche lunghe distanze e viaggiando in auto o in treno per 30/45 minuti, mi sembrava di vederli correre ai “saldi” delle confessioni.
Il perdono di Dio è una grazia preziossima
Perdono e castigo, misericordia e comprensione si alternano anche nella parabola evangelica che parla di un servo che, perdonato dal padrone, non riesce a sua volta a perdonare.
La storia del servo della parabola, che è anche l’esperienza di tanti fra noi, ci insegna invece che il perdono senza la confessione dei peccati, senza il pentimento per il male fatto, senza la riparazione di ciò che è stato commesso, è simile ad una perla preziosa trattata come una cosa di nessun valore.
Il Vangelo però ci mette in guardia, il brano inizia con Gesù che invita Pietro e tutti noi a perdonare innumerevoli volte, senza stancarci, perché il Padre non perdonerà coloro che non avranno saputo perdonare.
Il messaggio evangelico ci mostra che il perdono di Dio è una grazia dal valore grandissimo e deve essere stimata nella giusta misura. Solo apprezzando il perdono di Dio, sapremo anche condividere questo dono con gli altri. Dobbiamo perciò entrare nell’ordine di idee che noi siamo perdonati non perché i nostri siano piccoli peccati, ma perché Dio grandemente ci ama. E’ un atto di amore generoso infatti che spinge il padrone a perdonare un debito così grande.
Alla scuola del perdono per perdonare
Anche il papa Giovanni Paolo II ha ripetutamente parlato del perdono di Dio e della necessità di saper perdonare. Vorrei allora citare le parole tratte dalla sua prima eniclica Redemptor hominis. Il papa scrisse: “[…] la pratica della confessione individuale, unita all’atto personale di dolore e al proposito di correggersi e di soddisfare – difende il diritto particolare dell’anima umana. È il diritto ad un più personale incontro dell’uomo con Cristo crocifisso che perdona, con Cristo che dice, per mezzo del ministro del sacramento della Riconciliazione: «Ti sono rimessi i tuoi peccati»; «Va’, e d’ora in poi non peccare più»” (n. 10).
Incorraggiati da queste parole, impegnamoci a vivere il sacramento della Riconciliazione come una scuola del perdono che con gratitudine riceviamo da Dio e da Lui stesso siamo spinti a condividerlo nella nostra vita quotidiana.
Questa infatti è la condizione indispensabile perché il confessionale non venga considerato al pari di una “lavanderia spirituale” o di una doccia per lavarsi dai peccati. Niente di tutto questo, la Confessione è innanzitutto sacramento, cioè un incontro di Grazia che cancella i nostri peccati e ci dona il perdono solo se noi siamo veramente pentiti, solo se abbiamo misurato la nostra indegnità, solo se veramente siamo disposti ad una reale conversione di vita.
Stupirci della misericordia di Dio
Oggi la secolarizzazione della mentalità e dei costumi ci ha fatto passare da un estremo all’altro e se prima tutto era peccato, oggi nulla lo è più. Diciamo così con certa esagerazione per sottolineare che è sbagliata sia l’una che l’altra posizione. Bisogna riconsiderare che il perdono è azione di Dio, non può essere l’atto banale di chi non si rende conto del suo significato, è necessario perciò saperlo apprezzare in pienezza.
La conversione quaresimale deve ripartire dal rinnovamento della mente e del cuore alla luce dell’agire divino, solo così potremo scoprire gli autentici valori della giustizia e dell’amore, della compassione e dell’aiuto fraterno.
Dobbiamo infine stupirci di quanto, in fondo, sia confortante scoprirci peccatori, se abbiamo un così grande Redentore, pronto ad accoglierci in qualsiasi momento e situazione.
Don Andrzej Dobrzyński