Rif.: 1Cr 36,14-23; Sal 136; Ef 2,4-10; Gv 3,14-21
La Quarta Domenica di Quaresima, detta “Laetare”, rappresenta una sosta nel cammino quaresimale. Il viola dei paramenti si stempera nel colore rosaceo e lo spirito riprende vigore dall’avvicinarsi della meta pasquale, mentre il tema della gioia percorre fin dall’Antifona d’ingresso tutta la Liturgia fino a raggiungere il culmine nel brano del Vangelo anche se esso, paradossalmente, ci parla del Figlio di Dio che presto verrà innalzato sulla Croce.
La verità dell’Amore
E’ notte, Gesù, ha un colloquio segreto con un fariseo di nome Nicodemo e a questi confida la verità più sconvolgente che uomo abbia mai ascoltato:
“Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui”.
La gioia cristiana affonda le sue radici in questa ineffabile verità che è l’Amore incomprensibile, imperscrutabile di Dio che penetra nel tempo per donare il suo Figlio eterno e prediletto pur di salvare l’uomo, di Dio che regola gli avvenimenti della storia perché non sia solo storia di uomini ma sia la Storia Sacra di Dio con l’uomo.
Il Crocifisso al centro della storia
Una storia che nessun libro contiene poiché è quella di ogni singolo che sollevando lo sguardo verso la Croce da essa attende una risposta, per essa è disposto a morire, da essa si allontana incredulo o dubbioso o inorridito. Eppure in un giorno di duemila anni fa la Croce irruppe e si impresse in maniera indelebile nel tempo e da quel momento ogni valore, ogni opinione, ogni azione e pensiero umano dovranno confrontarsi con il Crocifisso e con l’Amore che Egli esprime.
Come il serpente eretto da Mosè nel deserto da simbolo di morte divenne segno di salvezza, così la Croce: strumento di morte dolorosa ed infame, diviene strumento e segno di salvezza e di vita. Essa, ben più che la fede, richiede una risposta d’amore, l’abbandono fiducioso e totale di chi sa di potersi fidare ciecamente anche se ciò che vive è lontano da ogni umana comprensione. Alla follia di Dio non c’è altra risposta che la follia del credente che non interroga ma si lascia guidare, attrarre, sedurre dall’amore di Dio, un amore tenero e geloso, forte ed esigente ma eternamente e umilmente gratuito.
Quaresima, il tempo del “Grazie!”
Amore premuroso ed incessante che permette ai deportati di tornare alla patria amata e lontana, il castigo che pareva senza rimedio è stato annullato dalla misericordia divina. (I lettura). Il ricordo doloroso dell’esilio diviene il canto del ritorno gioioso (Salmo). Il cammino penitenziale della Quaresima si inoltra versa la Pasqua di Risurrezione ma prima incontrerà il mistero doloroso del Venerdì santo e dell’adorazione della Croce.
Pellegrini su questa terra, avanziamo tra luci ed ombre, dibattuti tra fede e dubbio, accompagnati da eventi dolorosi e lieti ma animati da una sola certezza:
“Dio, ricco di misericordia, per il grande amore con il quale ci ha amati, da morti che eravamo per i peccati, ci ha fato rivivere con Cristo”(II lettura).
Vivere la Quaresima è fare esperienza di Dio che non vuole giudicare ma salvare, non vuole condannare ma perdonare, è credere nell’Amore di Qualcuno che ci offre quel che ha di più caro: il suo stesso Figlio Unigenito e Prediletto. Quaresima non è il tempo del “perché?”, è il tempo del “Grazie!”
L.R.