Rif.: At 4,32-35; Sal 117; 1Gv 5,1-6; Gv 20,19-31
Dopo la morte di Gesù i discepoli vivono insieme, accomunati dalla delusione, dalla paura, ma anche dal desiderio di prolungare l’unione che si era venuta a creare tra loro quando il Maestro era vivo. Unione profonda che diverrà gioiosa “comunione” dopo l’apparizione del Signore risorto.
Gli Atti degli Apostoli, che caratterizzano il Tempo di Pasqua, ci narrano della Chiesa, dei suoi inizi, della sua crescita fra persecuzioni e sacrifici e ci parlano anche dello spirito che animava fedeli che vivevano mettendo ogni cosa in comune: chi aveva di più dava a chi aveva di meno, affinché tra i figli di Dio nessuno avesse a soffrire privazioni.
La “comunione” di vita, di preghiera, di intenti era quindi la caratteristica della Chiesa nascente ed è anche il punto in cui convergono le Letture di questa domenica dedicata alla Divina Misericordia. Domenica in cui la speranza prende vigore e la debolezza si rinfranca: Dio ci ama, Amore è il suo Nome e per amore perdona e vuole nostra salvezza, tanto che ha mandato suo Figlio a riscattare le nostre colpe.
Gesù risorto appare ai suoi mostrando i segni distintivi della sua Passione, cicatrici mai chiuse, che si sono aperte al mondo, profondendo in esso la pace e la riconciliazione con Dio. Nessuno è escluso dall’amore di Dio che tutti stringe in un solo amore e da questo amore perenne ed immutabile, nasce la “comunione” quella che Gesù stesso ci ha indicato quando ci ha insegnato a pregare: “Padre nostro”. Non Padre mio, o tuo, ma “nostro” perché ognuno possa assaporare il gusto dolce di sentirsi figlio ma anche fratello uguale ad ogni altro, senza preferenze né esclusioni, senza pregiudizi né formalismi. E allora se Dio ama tutti di uguale amore, fra noi non possono, non devono esserci divisioni, tutti siamo amati perché in ciascuno Dio trova un motivo di amore e di compassione e così dobbiamo fare anche noi, perché l’amore sia, anzi è, il segno distintivo del cristiano:
come io vi ho amato, così amatevi anche voi gli uni gli altri. Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli altri (Gv 13,34-35)
Il passaggio di Gesù su questa terra non è stato temporaneo o relegato a duemila anni fa ancora oggi, Cristo presente tra noi, genera il tempo nuovo della carità e della condivisione, della comunione e della fede e per tutti i credenti Gesù ha parole confortanti: “Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto”. Noi siamo quei “beati” che, pur non avendo visto, credono con forza nel Signore risorto e vivo, sempre presente in mezzo a noi, sempre operante nella Chiesa e nei suoi ministri. Allora non ci resta che vivere questo Tempo di Pasqua all’insegna della gioia per questo dono grandissimo dell’Amore divino che su tutti espande la sua tenerezza, il suo perdono e la pace. Pace, che deriva dall’essere stati riconciliati da Cristo, senza alcun nostro merito, con il Padre, con il Figlio e con lo Spirito Santo. Quello stesso Spirito che il Signore risorto mandò agli Apostoli e che, da quell’istante, costantemente effonde nei Sacramenti, affinché risorgiamo in Lui con il Battesimo, attingiamo vitalità dalla Cresima, vigore dal Pane eucaristico, perdono dalla Confessione, forza nelle malattie dal Sacramento degli Infermi, prudenza e fedeltà dal Matrimonio, santità di vita dall’Ordine sacerdotale. E se, come dimostra Tommaso, il dubbio è proprio dell’uomo, con la sua Pasqua Gesù ci parla di quell’Amore, proprio di Dio, che era, che è e sempre rimane immutato, il cui nome altro non è che: Misericordia!
L.R.