Abbagliati dalla luce della Pasqua e gioiosi per la nostra salvezza, spesso dimentichiamo l’altro aspetto della Resurrezione sul quale si sofferma la preghiera di Colletta II: “Dio, creatore e Padre,… la gioia di essere tuoi figli” e che s. Giovanni sottolinea nella sua epistola: “Noi fin d’ora siamo figli…”. Dunque Dio non si è accontentato di crearci e darci la vita, ma in noi ha impresso la sua immagine donandoci una dignità che Egli per primo ci riconosce e che la Redenzione viene a ripristinare. Ecco la grande verità della Pasqua: aderendo a Cristo noi siamo “figli” e come tali è doveroso comportarci. La salvezza è conseguenza della figliolanza ritrovata, della unione intima con Dio che Cristo ha restaurata in noi. E i figli si perdonano, si accolgono, si amano, si proteggono…
Il suo “sì” al Padre ha costituito Cristo – “Buon Pastore”
Sono questi i sentimenti e le azioni che Cristo ha mostrato e compiuto nella sua vita terrena e che ora gli Apostoli prolungano nel loro agire. Ne è “segno” la guarigione dello storpio avvenuta non per merito di Pietro, ma per la potenza di Cristo crocifisso dagli uomini e risorto da Dio. Simile ad un arpione la sua croce si è agganciata al cielo ed il suo “sì” si è fissato nell’eternità realizzando “oggi” ed “ora” ciò per cui è venuto: la nostra figliolanza divina: “Noi fin d’ora siamo figli…”. Il suo “sì” al Padre ha costituito Cristo, “Buon Pastore” e del pastore Egli assume le caratteristiche: di fedeltà al proprio compito, rimanendo con le pecore notte e giorno, difendendole da ogni pericolo, stabilendo con esse una reciproca conoscenza che lo spinge e a seguirle e chiamarle perché lo seguano senza allontanarsi.
Ciò lo differenzia dal mercenario che fugge e abbandona il gregge dinanzi al primo pericolo, e lo differenzia dal lupo che arriva per rapire e “disperdere” le pecore con un’azione simile a quella diabolica di separare gli uomini da Dio e l’uomo dall’uomo. Ma lo sguardo di Dio non è solo per Israele, ogni uomo è chiamato a ritrovare la propria dignità e perciò Cristo si apre all’universalità della propria missione: “Ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare”. Ogni uomo, agli occhi di Cristo è una pecora da guidare e proteggere, accogliere e portare al pascolo. Di ogni uomo, da qualunque parte provenga, Cristo si sente responsabile, non importa se credente o ateo, se religioso o peccatore, non importa la sua estrazione sociale od etnica, egli è un uomo al quale Cristo si è reso simile, un uomo al quale Cristo riconosce il diritto di ritrovare la sua dignità di figlio agli occhi del Padre.
Chi è Dio che ci dona tutto se stesso?
La Pasqua entra così nel mondo e ne illumina la bellezza e la dignità: Dio crea, ama, protegge tutto ciò che ha creato ed investe l’uomo della responsabilità di rispettare se stesso, gli altri e ciò che lo circonda. La Pasqua da parte di Dio diventa catechesi vivente di un amore senza limiti, un incredibile omaggio a ciò che siamo, un’ineffabile rispetto della nostra libertà. Chi siamo noi per meritare tutto questo? Chi è Dio che ci dona tutto se stesso – il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo – in maniera gratuita, lasciandoci liberi di accettare tale dono o di rifiutarlo? Chi è il Padre che si preoccupa di noi semplici creature e viene a curarci, consolarci, a darci speranza aprendo dinanzi ai nostri occhi terreni scenari eterni di gloria? Chi siamo noi che continuamente fuggiamo da Dio? Lo releghiamo nelle nostre preghiere distratte e noiose e a stento gli “concediamo” briciole del nostro fuggevole tempo? Chi è Cristo, Buon Pastore, che viene a recuperarci negli abissi in cui precipitiamo, viene a custodirci, a portarci sulle spalle quando ci vede deboli e stanchi, a salvarci quando rischiamo di perderci, a giustificarci quando lo crocifiggiamo? ….
L. R.