Rif.: At 9,26-31; Sal 21; 1Gv 3,18-24; Gv 15,1-8
“(La Chiesa) con il conforto dello Spirito Santo cresceva di numero”. Le parole degli Atti tracciano il cammino della Chiesa che, unita a Cristo nello Spirito Santo, ne continua l’opera e ne diffonde la Parola sulla terra. Ma per continuare l’opera di Cristo è necessario parlare, pensare, agire come Lui, è necessario rimanere in contatto intimo e vitale con Lui, così come i rami al tronco.
Per questo prima della sua Passione, durante l’Ultima Cena, Gesù rivolge ai suoi un lungo discorso di addio, al centro del quale si raccomanda appunto di rimanere ancorati, anzi innestati a Lui come i tralci alla vite.
Innestati alla Vite-Cristo
La vite era un simbolo sacro per Israele, tanto che i due stipiti della porta del Tempio erano decorati con una lunga vite d’oro che si univa sulla sommità. Spesso Dio era stato paragonato ad un viticoltore ed ora Gesù stesso riprende l’immagine e la applica a Lui. E’ Gesù la vite dalla quale i tralci vengono alimentati, staccati diverrebbero come pezzi di legno secco che, raccolti, sono destinati a bruciare.
La Chiesa è dunque presenza di Cristo, azione di Cristo, Parola di Cristo in terra, in essa l’opera del Redentore allunga i suoi rami nel mondo nutrendolo e dissetandolo con il suo succoso frutto, con quel vino che “rallegra il cuore dell’uomo” ed ogni festa. La vite simboleggia la concretizzazione della Pasqua, questa ci ha innestati in Cristo e in Lui e con Lui già oggi partecipiamo della sua croce mentre già ci proiettiamo nell’eternità.
Il modo in cui veniamo innestati alla Vite-Cristo è il Battesimo, mentre gli altri Sacramenti cementano e ripristinano una tale mistica unione. La Pasqua che ci ha rivelato il multiforme amore di Dio continua a stupirci e a rivelarci i nuovi aspetti di un amore che, mai contento, dimostra di voler rimanere con noi ed entrare a far parte della nostra vita, anzi a far parte di noi in maniera intima ed indissolubile.
Vivere di Dio ed in Dio, significa infatti entrare nel suo circolo di amore, significa farsi invadere dagli stessi sentimenti di Dio così da agire come Lui agirebbe, pensare come Lui pensa, perdonare come Lui perdona, amare come Lui ci ha amati.
Vivere in comunione
Vivere innestati in Cristo significa realizzare le “misteriose” parole di s. Paolo: “completo nella mia carne ciò che manca ai patimenti di Cristo”. Nulla infatti manca alla Passione redentrice del Signore, né abbiamo nulla da aggiungere: quale allora il significato di quelle parole? La risposta è proprio nella vite: essa non potrebbe essere tale senza i suoi tralci e le sue foglie, infatti che senso avrebbe l’essere vite senza poter dare ombra e frutti? Che senso avrebbe la vita che Gesù è venuto ad offrire per noi se noi non ci inserissimo in essa, se non vivessimo con ed in Lui? Ecco, è indispensabile appartenere a Cristo, noi, senza quella Vite che ci permette di vivere e di trasformaci, non saremmo altro che legno secco, buono solo ad essere bruciato e anche la vite perderebbe il suo significato.
Vite, tralci e frutti sono il risultato di una vita comune alimentata dalla stessa linfa che è lo Spirito Santo che tutto nutre, trasforma, vivifica, ma è necessario rimanere in Cristo perché questo avvenga. Ecco che allora l’invito di Gesù “Rimanete in me” diventa indispensabile premessa per ascoltare la sua Parola che chiede spazio fra le tante voci e rumori che ci assordano soffocando mente e cuore. Poiché solo in Gesù troveremo certezza nel dubbio e senso nella nostra vita: certi che nessuno può dirci di più, nessuno può dirci meglio, nessuno può dirci altro.
L.R.