Il 23 aprile c.a. all’Istituto Polacco di Roma si è tenuto il primo del ciclo di incontri legati al 40o anniversario dell’elezione di Giovanni Paolo II alla Santa Sede. Vi hanno partecipato il Prof. Zdzisław Kijas OFM Conv., il Dott. Massimiliano Signifredi e il Dott. Paweł Rojek. L’incontro intitolato “Il Papa dei due secoli” era dedicato alle ispirazioni polacche e universali presenti nell’insegnamento e nel pontificato del Santo Padre. Karol Wojtyła si formò in notevole parte nella cultura polacca romantica. Ne trasse e sviluppò i temi nativi e cristiani di importanza universale.
Gli ospiti dell’incontro hanno guidato gli uditori dalle problematiche di natura universale alle questioni legate alla cultura ed alla storia polacche. Hanno mostrato che non si può comprendere l’eredità poliedrica del pontificato di Giovanni Paolo II senza riferimento alle fonti della formazione culturale di Wojtyła che assimilò dalla sua patria.
La teologia della storia
Padre Kijas della Congregazione per le Cause dei Santi ha parlato della teologia della storia in Giovanni Paolo II. La storia è il risultato delle scelte e delle azioni umane, ma possiede anche una dimensione sovrannaturale. Riallacciandosi alle catechesi pontificie sulla creazione dell’uomo ha fatto notare che nell’interpretazione teologica la storia dell’umanità comincia con il peccato originale ossia con l’allontanamento da Dio e al tempo stesso con la negazione della verità delle origini divine dell’uomo. L’abbandono del paradiso è legato alla lotta continua tra il bene e il male che ha luogo nella coscienza dell’uomo e nel mondo in cui vive. Il teologo ha ricordato l’enciclica Redemptor hominis nella quale Giovanni Paolo II spiegò che Cristo divenne il centro della storia. La sua dinamica interiore consiste nella restituzione della verità sull’uomo. Pertanto per i cristiani e per la Chiesa la storia è uno spazio di evangelizzazione nella sua concezione ampia, cosa che fu per eccellenza il pontificato di Giovanni Paolo II che cadde a cavallo tra due millenni.
La teologia del popolo
Il secondo oratore, il Dottor Signifredi della Comunità di Sant’Egidio, ha ricordato che il Papa polacco custodiva in sé le vicissitudini della storia nativa che in larga misura fu segnata dalla lotta e dal combattimento per l’identità culturale e la libertà del popolo. Per tale motivo nel suo magistero fu accentuato fortemente il ruolo dei popoli nella storia e nella Chiesa. Giovanni Paolo II si richiamava alle sue radici slave e destava la coscienza nazionale dei popoli slavi, cosa che suscitava l’inquietudine dei comunisti tra cui delle autorità dell’U.R.S.S. Si rifaceva anche alla tradizione della Polonia della dinastia dei Jagelloni, stato plurinazionale, con pluralismo etnico e religioso. Tali esperienze trovavano riflesso nei suoi riferimenti alla storia delle diverse nazioni e servivano per mostrare le loro vocazioni nell’ambito dell’Europa, della regione del mondo o del globo. Il Papa – come ha evidenziato l’oratore – condannava il nazionalismo e la xenofobia, ma sosteneva il patriottismo sano. Signifredi ha scorto nella teologia pontificia del popolo un tratto “messianico”. Consisterebbe soprattutto nel richiamarsi all’eredità dei romantici polacchi e nell’attingere ispirazioni universali dagli stessi. Di conseguenza più Giovanni Paolo si rifaceva alle sue origini e radici polacche e più si evidenziavano anche la sua condotta evangelica e la natura universale del suo pontificato.
Il pontificato di Giovanni Paolo II ed i filoni messianici
Il terzo ospite dell’incontro, il Dottor Paweł Rojek dell’Università Jagellonica ha presentato i temi principali della sua pubblicazione più recente intitolata “La liturgia della storia. Giovanni Paolo II e il messianesimo polacco”. Ha cominciato il suo intervento dall’affermazione che la persona di Giovanni Paolo II costituisce una sorta di punto di riferimento particolare nella storia e nella cultura polacche. Ha ricordato che la poesia di Słowacki “Il Papa slavo” del 1848 fu comunemente associata all’elezione del card. Wojtyła alla Santa Sede. Il Papa non solo accettava tale interpretazione della sua persona e del suo pontificato, ma sottolineò personalmente in molte occasioni le sue origini polacche e slave.
L’oratore si è concentrato sulla presentazione dell’influenza delle idee romantiche, specialmente del messianesimo polacco sviluppatosi nel XIX secolo, sul magistero del Santo Padre, ma vale la pena di evidenziare che si tratta di un messianesimo concepito in modo integrale ed ortodosso dal punto di vista della fede. L’ospite dell’incontro ha ricordato che i critici del papa trattavano il messianesimo come un rimprovero mentre i suoi amici degli anni della gioventù evitavano di intraprendere tale tema, temendo che potesse gettare un’ombra sulla sua persona e missione.
A distanza di anni è possibile scoprire il senso positivo dell’influenza del messianesimo polacco sulla formazione del giovane Wojtyła, e nel contempo occorre avvedersi che sebbene esso non fosse privo di controversie storiche ed ideologiche, era soggetto ad un’evoluzione purificatrice arrivando a forme sempre più evangeliche e cristiane. Per continuare a relazionare l’intervento di Rojek facciamo riferimento al libro menzionato, indicando la definizione del messianesimo, di cui si parla: “Per prima cosa il messianesimo proclama la necessità di un cambiamento radicale del mondo nello spirito cristiano; secondo, accetta il valore della sofferenza collettiva; terzo riconosce l’esistenza della missione storica dei popoli” (p. 32).
Il filosofo di Cracovia ha cercato di presentare con alcuni esempi il legame tra la poesia giovanile ed alcune questioni dell’insegnamento di Giovanni Paolo II. La prima questione consisteva nel ruolo degli Slavi nella storia dei popoli e nella Chiesa. Wojtyła in “Salterio” scriveva dell’avvento dell'”epoca slava” che doveva essere l’apogeo della civiltà cristiana. Contenuti simili furono sollevati dal papa durante il pellegrinaggio del 1979, specialmente nel discorso pronunciato a Gniezno. Negli anni della gioventù il simbolo della cultura e della storia polacche per Wojtyła era costituito dalla cattedrale di Cracovia sul colle del Wawel, negli anni del ministero vescovile lo divenne la chiesa dell’Arca del Signore a Nowa Huta, come segno della presenza del Vangelo nel mondo moderno soggetto a secolarizzazione nel quale si realizza anche l’evangelizzazione.
Il secondo tema, ricordato dall’ospite dell’incontro, è stato il problema della sofferenza. La corrispondenza che negli anni della guerra Wojtyła teneva con Mieczysław Kotlarczyk rivela la ricerca di una risposta alla domanda sul senso della sofferenza del popolo polacco. Ne sono una conferma i drammi “Giobbe” e “Geremia”. La Polonia era il “Giobbe dei popoli” ossia passava attraverso la prova della fede e della testimonianza. L’oratore ha ricordato che nell’omelia pronunciata in Piazza della Vittoria (2 VI 1979) Giovanni Paolo II parlò dell’inclusione di tutte quelle sofferenze dei Polacchi nel pane che viene convertito nel Cristo eucaristico. Similmente l’idea di attribuire un senso simbolico alle sofferenze della Polonia mediante l’unione con la sofferenza di Gesù la ritroviamo in Adam Mickiewicz. L’ospite ha ricordato che la riflessione ampia ed approfondita sul senso della sofferenza fu racchiusa dal Papa nella Lettera apostolica Salvifici doloris.
Il terzo tema su cui lo studioso di Cracovia ha richiamato l’attenzione è stata la questione del lavoro umano che ha un senso non solo umano e terreno, ma anche eterno. Il lavoro – in modo simile ai doni sacrificali preparati nella Santa Messa – deve essere convertito in bene permanente e salvezza universale. È la preparazione alla venuta del regno di Dio la cui forma definitiva ed il tempo in cui si realizzerà dipendono da Dio. L’uomo tuttavia ha un certo ruolo da svolgere in tale processo facendo sì che il mondo, divenendo più umano, diventi anche più divino, cosa che contribuisce alla crescita del regno di Dio. I romantici polacchi indicavano il legame tra il lavoro e la salvezza. Tale problematica apparve più volte nel magistero del Papa anche in relazione al Movimento di “Solidarność”.
Queste similitudini tra le tesi pronunciate dai messianisti ed i temi del magistero di Giovanni Paolo II e i metodi di presentazione degli stessi costituiscono un caso o sono riferimenti consapevoli, il risultato dell’ispirazione? Secondo l’oratore non vi sono risposte inequivocabili. Si apre il dialogo, lo scambio di opinioni, e soprattutto c’è spazio per le ricerche accademiche e le speculazioni. Il dibattito aperto su tale tema può gettare nuove luci sulla conoscenza dello sfondo polacco dell’insegnamento universale del Santo Padre, e nel contempo – proprio nel contesto del magistero e del pontificato di Giovanni Paolo II – permette di comprendere meglio il significato delle idee del messianesimo polacco.
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Ascoltando i relatori è stato possibile acquisire la convinzione che esiste un’interdipendenza scambievole tra l’universalismo del pontificato di Giovanni Paolo II e le ispirazioni polacche. Lo ha indicato tra l’altro lo storico italiano Roberto Morozzo della Rocca affermando: “Più Wojtyła era polacco e più era europeo e universale. Wojtyła pensava che proprio il radicamento in una cultura nazionale rendesse possibile aprirsi a comunità più ampie”. In modo simile Carlo Cardia, giurista e pensatore italiano, che osservò con occhio critico il pontificato di Giovanni Paolo II, ha ammesso che il Papa doveva il suo universalismo alle radici polacche, alla storia della patria ed alle esperienze personali: “Un altro pontefice, italiano o spagnolo o americano, avrebbe assistito al tramonto di un’ideologia che volendo cambiare l’umanità l’ha tenuta in sacco per un secolo intero, ma non avrebbe saputo, né potuto, prender parte al suo dissolvimento come ha fatto Giovanni Paolo II. Il quale, perché polacco e non per altri ragioni, ha contribuito a risolvere il problema mondiale per eccellenza della fine del secondo millennio e a cambiare così la storia del pianeta”.
Queste due visioni del Papa polacco a “distanza” di una nazionalità diversa sono significativi. Oggi guardiamo Giovanni Paolo II dalla prospettiva degli anni che trascorrono. Non sfuggano alla nostra attenzione i dettagli della sua immagine, non cessi di incuriosirci e di stimolarci al pensiero ed a ulteriori ricerche.
L’incontro è stato organizzato dall’Istituto Polacco di Roma e dal Centro di Documentazione e Studio del Pontificato di Giovanni Paolo II.
Don Andrzej Dobrzyński