Rif.: Es 24,3-8; Sal 115; Eb 9,11-15; Mc 14,12-26
La lunga fila di persone si avvicina silenziosamente all’altare: “Corpo di Cristo” dice il sacerdote mostrando l’Ostia consacrata, “Amen” la risposta di chi lo riceve. Corpus Domini è il nome con il quale è nota la solennità di questa domenica nella quale celebriamo il Corpo glorioso di Cristo, vittima di espiazione per i nostri peccati che, Risorto, è divenuto per noi cibo che sostiene la nostra fede, la nutre e la rende vitale. Esso è pegno e garanzia di quella vita divina che siamo chiamati a vivere e alla quale partecipiamo fin da ora.
Cristo che ora siede alla destra del Padre è quello stesso che continua ad essere presente fra noi e in noi in questo Sacramento di Comunione con Dio verso il quale tende tutta la nostra vita. Cristo è Colui che ha reso possibile tutto questo con il Sacrificio di tutto se stesso, senza riserve.
Nei tempi antichi era usanza offrire un animale in sacrificio con diversi scopi: per ottenere perdono, per essere purificati, in rendimento di grazie vi era infine il sacrifico di comunione. In esso, parte della carne dell’animale offerto veniva mangiata dagli offerenti proprio per entrare in comunione con Dio. Nella prima lettura ci viene raccontato un tale tipo di sacrificio in occasione dell’Alleanza che Dio stipula con il popolo quando gli consegna la Legge. Dio sarà il Dio del popolo se esso obbedirà ai suoi comandamenti. Mosè asperge il popolo con il sangue degli animali sacrificati in segno di benedizione e di stipula solenne. Un patto di sangue!
Il sacrificio antico è solo figura di ciò che Cristo ha portato a compimento. Non il sangue di un animale, ma il proprio sangue Egli dona al Padre e versa su di noi, per benedirci e santificarci, per perdonarci e renderci degni di Dio. Ma il Sacramento che celebriamo e riceviamo, la santa Comunione, è ancora di più; in bilico tra sacrificio e cena, tra altare e mensa, esso racchiude ed esprime l’amore di Dio per noi che non si limita a salvarci, ma ci nutre con il suo Corpo santissimo e con il suo santissimo sangue ci disseta, così che la nostra debolezza è sostenuta dalla potenza e dalla forza di Cristo. La Sequenza che precede il Vangelo e che arriva a noi mutilata nella sua bellezza, fu scritta da s. Tommaso che in essa espresse il mistero di un Pane che dà vita, di un rito nuovo che si sostituisce all’antico come la luce alle tenebre. Ciò che si presenta ai nostri occhi è solo il segno della sublime realtà che in essa si nasconde. Noi mangiamo la Carne di Cristo e ne beviamo il sangue, ma nell’una e nell’altra specie vi è tutt’intero Cristo, Egli non si divide, né si separa in alcuna parte, ma tutt’intero viene a noi, in noi. Quando il sacerdote ci dice: “Corpo di Cristo” ci presenta tutt’intero Cristo, nel suo corpo sacramentale, nel suo Corpo spirituale che è la Chiesa. Il nostro amen ci mette in relazione con il Signore e con i suoi Santi in Paradiso, con i suoi fratelli sulla terra e noi uniti a Lui siamo anche in Comunione tra noi e nella nostra debolezza invochiamo:
“Buon Pastore, vero Pane, o Gesù pietà di noi, …, tu che tutto sai è puoi e ci nutri sulla terra, conduci i tuoi fratelli alla tavola del cielo nella gioia dei tuoi santi”.
L.R.