Siamo tornati nel pieno del Tempo ordinario, tempo del quotidiano, dove ci troviamo a combattere per mantenerci fedeli a Dio e per respingere la tentazione di allontanarci da Lui.
Lottare contro le tentazioni di Satana
Tentazione e peccato sono i cardini sui quali gira tutta la Liturgia di questa domenica che si apre con la scenario dell’antico Paradiso terrestre, dove Adamo ed Eva, incuriositi ed allettati da Satana hanno mangiato del frutto proibito. Il racconto altamente simbolico ci introduce in una maggiore comprensione della tentazione e del peccato.
La prima è proprio come il serpente che striscia e silenziosamente, subdolamente si inserisce nei nostri pensieri cambiandone i desideri e le prospettive, celandone le conseguenze. Il peccato invece è l’atto finale è l’adesione alla tentazione. Questo però non ci giustifica, né diminuisce la nostra colpa: noi siamo infatti essere pensanti, capaci di scegliere, di valutare la nostra libertà è e deve rimanere sovrana nelle nostre azioni.
Vediamo infatti quanto sia meschino il tentativo di giustificarsi di Adamo che addossa la responsabilità di ciò che ha fatto alla donna ed indirettamente anche a Dio che gliel’ha posta accanto. E così Eva che rimanda la colpa al serpente che l’ha ingannata. Il serpente diviene il simbolo del male ed è condannato a strisciare, silenzioso e subdolo come è il peccato.
All’orizzonte appare la figura di una donna che gli schiaccerà la testa, ma Satana non si arrenderà mai, combatterà strenuamente per la sua sopravvivenza e le insidierà il calcagno, gesto che mina la stabilità scardinandola alle radici, ma il suo tentativo sarà vanificato dall’arrivo di Cristo.
Non stare “fuori”, entrare per trovare Cristo
Ed ecco che il Vangelo ci porta all’interno di una casa dove Gesù è quasi assalito dalla folla che lo segue, assetata della sua parola, bisognosa del suo intervento che guarisce ed illumina, libera e dona speranza. Gesù è così preso, assorbito dalla sua missione da non avere il tempo nemmeno per mangiare. I suoi parenti, preoccupati, credendolo “fuori di sé”, decidono di andare a prenderlo e “ricondurlo” a casa.
L’incomprensione, a volte, si annida proprio all’interno dei rapporti familiari, e là dove ci dovrebbe essere comprensione e solidarietà, c’è la più totale incomprensione.
E’ significativo che, una volta giunti. i familiari rimangano “fuori” e non entrino, non si avvicinino a Cristo, ma se ne tengono lontani dimostrando che forse sono essi a dover essere “ricondotti” a Cristo.
Ma anche le autorità religiose dimostrano di non comprendere nulla di Gesù e lo accusano di scacciare i demoni in nome di Beelzebul. Gesù contesta la stranezza di questa accusa: Satana sarebbe già distrutto se fosse diviso in se stesso tanto da scacciare ciò che intimamente gli appartiene. Ciò che Egli compie è frutto dello Spirito Santo che lo ha generato, che è sceso ed è rimasto su di Lui nel momento del Battesimo, che lo ha reso forte nelle Tentazioni e che ora lo spinge e lo assiste nella missione. Affermare il contrario è bestemmiare contro lo Spirito Santo, peccato imperdonabile, perché significa negare l’essenza stessa di Dio, la sua comunione trinitaria, l’appartenenza del Figlio al Padre tramite lo Spirito Santo.
Il Catechismo di s. Pio X individua sei peccati contro lo Spirito Santo: 1) disperazione della salvezza; 2) presunzione di salvarsi senza merito; 3) impugnare la verità conosciuta; 4) invidia della grazia altrui; 5) ostinazione nei peccati; 6) impenitenza finale. Alla luce di tutto ciò ci accorgiamo di quanta superficialità vi sia nelle nostre azioni, si insinui nei nostri pensieri e di quanto sia facile offendere Dio con la nostra “sventatezza”.
Si comprendono le parole di Pietro: “il vostro nemico il diavolo, come leone ruggente va in giro cercando chi divorare” (1Pt 5, 7).
Stretto tra le accuse degli scribi e l’invito dei suoi famigliari Gesù rimane seduto, la sua è l’ennesima obbedienza al padre che lo vuole fermo, “inchiodato” alla sua missione e Gesù rimane dentro, seduto, circondato da nuovi fratelli che gli appartengono al di là dei legami di sangue e che sono legati a Lui dall’obbedienza e dall’ascolto della Parola di Dio che li chiama ad una nuova realtà, ad una nuova parentela. Vediamo così che sono i suoi antichi parenti ad “essere fuori” perché non vicini a Cristo, perché lo stanno giudicando e non ascoltando, perché aspettano che sia Lui ad uscire e non capiscono che tocca a loro “entrare” per essergli vicini, per ascoltarlo, per obbedirgli, non comprendono che ora la prospettiva è cambiata ed è necessario cambiare se stessi.
L.R.