Rif.: Ez 2,2-5; Sal 123,1-4; 2Cor 12,7-10; Mc 6,1-6
La Liturgia di questa domenica ci invita a riflettere su due poli opposti: da un lato la drammatica resistenza che gli uomini oppongono alla voce del Signore e dall’altro l’incrollabile pazienza di Dio frutto del suo amore di Padre.
Profeta è inviato a un popolo ribelle
Nella prima lettura vediamo come Dio, nonostante la continua ribellione del popolo, non si stanchi di mandare ad esso segni della sua benevolenza e della sua presenza attraverso la figura dei profeti. Questa volta si parla di Ezechiele – il profeta dei segni e delle visioni – e della sua ingrata missione. Egli è mandato ad un popolo ribelle che Dio critica e castiga, ma che vuole salvare a tutti i costi poiché quel popolo è il suo popolo ed è composto da figli che sono i suoi figli. In mezzo ad essi, Ezechiele sarà il segno vivente della costante premura di Dio: “Ascoltino o non ascoltino … sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro”.
Gesù rifiutato dai suoi
Dal profeta a Cristo, e nel Vangelo vediamo Gesù arrivare nella sua patria, entrare di sabato nella sinagoga e qui insegnare. Due elementi preziosi emergono da questo versetto: Gesù non esclude nessuno dalla sua volontà salvifica, Egli è venuto sulla terra tanto per i lontani quanto per i vicini ed in questo itinerario i discepoli lo seguono, senza interruzioni, là dov’è il Maestro sono i suoi.
Ma “nella sua patria, tra i suoi parenti, in casa sua” accade una cosa incredibile, nonostante la sua sapienza stupisca i presenti e le sue opere suscitino meraviglia, il pregiudizio prevale e lo avvolge come un soffocante bozzolo: “Non è costui il falegname, il figlio di Maria?” . E’ una storia immutabile, che si ripete costantemente è la volontà di confinare gli altri nell’angolo del nostro giudizio senza dar loro possibilità di riscatto o di fuga, per sempre condannati ad essere come noi li giudichiamo, fino a scandalizzarci quando il malcapitato appare diverso da come lo abbiamo classificato.
Accade così anche nel caso di Gesù egli è “il falegname”, la sua sapienza appare “strana” e “stonata” non gli compete e perciò la sua parola stupisce, ma non riesce a smuovere il cuore dei presenti. Si arriva così al paradosso che, proprio fra coloro che più lo conoscono, Egli non è “riconosciuto” e nel luogo deve ha abitato e cresciuto, dove la sua famiglia vive, propria là ha inizio la perplessità e la diffidenza nei suoi confronti.
Tali atteggiamenti sono tanto radicati da diventare un muro impenetrabile perfino all’agire divino e Gesù non poté compiere che pochissime guarigioni! (Ricordiamo le sue parole, spesso ripetute: La tua fede ti ha salvata”).
Malgrado l’incredulità…
Il miracolo infatti può considerarsi il luogo dove si Dio e l’uomo intimamente si incontrano, dove le loro volontà – quella dell’uomo che chiede e quella di Dio che esaudisce – si incontrano e dove tutta la povertà umana approda nella ricchezza divina. Quando manca questa sintonia impediamo a Dio di compiere la sua opera e tragicamente ci allontaniamo da Lui.
Ma l’episodio evangelico non chiude alla speranza, Gesù si meraviglia della loro incredulità e, allontanatosi, va altrove, nei villaggi dintorno, continuando ad insegnare. Mai stanco di portare a tutti quella parola che è segno divino di dialogo, di premura, di misericordia affinché chi vuole ascoltare “ascolti” e si salvi.
Gesù, infaticabile nella sua missione, percorre le strade della Palestina, manderà poi i suoi discepoli a “percorrere” le strade del mondo, là dove uomini e donne di buona volontà attendono la sua parola e la sua presenza, là dove la “debolezza” umana – di cui parla s. Paolo – attende che Dio manifesti la sua forza e la sua potenza.
LR