Ez 2,2-5; Ps 122, 2Cor 12,7-10; Lc 6,1-6
Varie volte, nel Vangelo, vediamo Gesù meravigliarsi per la grande fede di alcune persone, soprattutto quando questi sono stranieri. Così, ad esempio, quando guarisce il servo del centurione romano, Gesù afferma che neppure in Israele ha trovato una fede così grande. (Lc 7,9). E nel Vangelo di domenica scorsa ricordiamo le parole piene di affetto che Gesù rivolge all’emorroissa che aveva avuto grande fede in Lui: “Figlia, la tua fede ti ha salvata”.
Una profonda catechesi sulla fede
Oggi però ci troviamo di fronte ad una situazione completamente diversa. Arrivato nella sua patria, tra i suoi parenti, tra la gente che lo conosce dall’infanzia, Gesù non trova altro che diffidenza, pregiudizio ed una grande dose di invidia. Proprio qui dove ci si aspetterebbe un maggior numero di miracoli, Gesù si trova nell’impossibilità di compierli proprio a causa dell’indifferenza e della prevenzione della sua gente.
L’insegnamento che ne traiamo è grande, la fede apre le porte all’incontro con la potenza divina, mentre la mancanza di fede ne ostacola l’intervento. L’evangelista Marco fa un drammatico riassunto del soggiorno di Cristo a Nazareth: “E lì non poteva compiere nessun prodigio” e ancora: “si meravigliava della loro incredulità”.
Ci troviamo nel cuore di una profonda catechesi sulla fede: quando essa è forte e sicura ci fa sperimentare l’azione onnipotente di Dio nella nostra vita. Attenzione però, non è certo la nostra fede che opera il miracolo, esso rimane opera di Dio, ma la fede è la strada che ne favorisce l’intervento.
Non c’è da meravigliarsi, tutta la Scrittura – a cominciare dal “Dove sei?” di Dio che cerca Adamo – non è altro che una dimostrazione dell’amore e della premura di Dio per l’uomo. Ma Dio che ci cerca e ci chiama, vuole trovarci, incontrarci, richiede in risposta alla sua domanda un “eccomi” che gli dimostri la nostra fiducia e l’attesa del suo intervento. Il miracolo è dunque un luogo di incontro, un convegno d’amore nel quale Dio e l’uomo si incontrano in maniera del tutto particolare ed unica.
Egli è continuamente presente, ma rispettoso della nostra libertà
Alla base c’è sempre l’amore preveniente di Dio che non manca mai di dare prova della sollecitudine verso le sue creature. Lo dimostra la Prima Lettura di questa domenica che ci parla del profeta Ezechiele inviato ad un popolo ribelle ed ostinato, Dio sa che egli non sarebbe stato né accolto, né ascoltato, ma non importa poiché sarebbe stato comunque un segno della volontà salvifica di Dio: “ascoltino o non ascoltino, sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a loro”.
Commovente la costanza di Dio che continua ancora oggi a inviare testimoni, pensiamo ai santi della nostra epoca, continua a parlarci per mezzo della Scrittura e attraverso la Chiesa, ci viene incontro nei Sacramenti del perdono, della guarigione e della Comunione. Egli è continuamente presente, incessantemente rispettoso della nostra libertà, perennemente in attesa di un nostro cenno, di un si che dimostri il desiderio di Lui.
Dio che invia segni e testimoni, che ci parla per mezzo della Scrittura che ci manifesta la sua presenza anche in diverse situazioni della vita, non ci priva della facoltà di decidere, non ci dispensa dal fare un atto di fede. Diciamo che Dio bussa alla porta e attende, ma la chiave per aprire quella porta ce l’abbiamo solo noi.
Cristo bussa alla porta della nostra vita
C’è un dipinto molto famoso intitolato “La Luce del Mondo”. di Wiliam Hunt. In esso è rappresentato Cristo in procinto di bussare ad una porta rimasta chiusa a lungo e perciò ricoperta di erbacce. Nel dipinto la porta, all’esterno è senza maniglia, e può essere aperta solo dall’interno. Il quadro si ispira al brano dell’Apocalisse che riporta le parole di Gesù: “Ecco: io sto alla porta e busso. Se uno, udendo la mia voce, mi aprirà la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me”.
Gesù fa una netta distinzione tra il rumore prodotto dal bussare e il suono della sua voce, importante infatti non è tanto udire bussare, ma riconoscere la voce di Dio che ci chiama, ci parla e vuole impegnarci nel suo progetto di vita. Non si tratta solo di farlo entrare ogni tanto per un’occasione o per un’altra, ma di intraprendere con Lui una relazione che duri tutta la vita. La fede infatti può essere definita come il cammino quotidiano con Dio.
Per riconoscere piccoli segni della sua presenza
A volte pensiamo che la fede ha bisogno di eventi straordinari quasi una chiave che apre la banca di miracoli, non è così. La costante presenza di Dio nella nostra vita infatti non significa che se abbiamo bisogno di un lavoro e preghiamo per trovarlo, Dio si mette a cercare il lavoro al posto nostro, possiamo però essere certi che di sicuro ci darà forza per migliorare le nostre capacità, moltiplicherà le occasioni favorevoli, le offerte, le persone che possono aiutarci.
Solo quando smetteremo di attenderci lo straordinario, ma sapremo riconoscere nei piccoli segni la presenza di Dio e della sua provvidenza, cresceremo nella fede e la vita quotidiana ne sarà illuminata e trasformata. La fede ha soprattutto bisogno di “dignità” e solo quando non ridurremo Dio ad un “genio della lampada” che esaudisce ogni nostro desiderio, Egli ci mostrerà il suo volto di Padre che, con sapienza ed amore, da ai suoi figli solo ciò che è bene per loro.
Don Andrzej Dobrzynski