Rif.: Es 16,2-15; Sal 77; Ef 4,17-24; Gv 6,24-35
Da sempre il pane è l’alimento capace di soddisfare appieno la fame dell’uomo. Il popolo nel deserto, esasperato dalla privazione, chiese pane al Signore ed Egli fece piovere la manna dal cielo. Anche noi, ogni giorno, nel Padre nostro, chiediamo: “dacci oggi il nostro pane quotidiano”.
Pane che è anche simbolo di amicizia e alleanza e la cui condivisione sostituiva la scrittura di un patto, pane, simbolo della famiglia nella quale esso è equamente condiviso tra tutti i suoi componenti, pane che nell’Antico Testamento è offerto come primizia nel tempo del raccolto.
Nella settimana scorsa il Vangelo ci aveva parlato di Gesù che aveva moltiplicato il pane per nutrire la folla, affamata e stanca, che lo aveva seguito da una riva all’altra del grande lago. Questa volta però, Gesù rimprovera la folla che ancora una volta è venuto a cercarlo, le sue sono parole che esprimono tutta la delusione di chi si sente incompreso: “voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati”.
Gesù aveva compiuto un gesto simbolico per dimostrare che, come Dio si preoccupa di nutrire il corpo dell’uomo maggiormente si preoccupa di soddisfarne la fame spirituale quella che si nutre della Parola di Dio e della sua volontà, come dirà lo stesso Gesù a Satana “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio” e ancora, quando gli apostoli lo sollecitano a prendere un po’ di cibo, Gesù dirà: “mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato a compiere la sua opera”.
Alla luce di ciò, appare ancor più drammatico il rimprovero con il quale Gesù arringa la folla e si rivolge oggi a noi che ci avviciniamo a Dio per chiedere ciò che è prettamente materiale e transitorio: la salute del corpo invece della salvezza dell’anima, soldi invece di perdono e indulgenze, benessere invece di grazia e pace, una vincita fortunata invece che generosità e purezza di cuore.
Noi come la folla facciamo fatica a comprendere che la moltiplicazione del pane è un “segno”, l’annuncio di un altro pane “che rimane per la vita eterna” più necessario di quello che era stato consumato. Un pane sul quale Dio ha posto il suo sigillo, per dimostrare che gli appartiene ma che è pronto a condividerlo con l’uomo in segno di amicizia e di alleanza, un pane santo ed unico.
Questo pane è Gesù, il suo corpo, la sua vita donata senza riserve, consumata in offerta. Ora di fronte ad un tale sacrifico, se chiedere il pane è comunque un atto di fede, limitarsi al solo pane materiale è un atto che delude le aspettative di Dio e lede la dignità dell’uomo, perché così facendo egli dimentica di avere esigenze più nobili ed alte. Ed ecco il mistero, il miracolo, il Pane vero che Dio ci dona, quello che Gesù spezza e offre agli apostoli durante la sua Ultima Cena dicendo: “Prendete questo è il mio corpo”.
Questa è la meta di tutta la sua missione, offrirsi al Padre nel sacrificio della Croce, e offrirsi agli uomini in cibo, in nutrimento spirituale che è anticipo della comunione con Lui nella vita eterna, attuandola fin d’ora sulla terra nel Sacramento dell’Eucaristia.
E’ questa la grande originalità del cristianesimo credere in un Dio che dona, anzi si dona, a differenza di tutte le altre religioni nella quali Dio chiede sacrifici, rinunce e finanche la vita. Non così il nostro Dio che si offre in cibo per darci la vita e una vita che duri sempre.
Dio ci nutre di se stesso ecco fino a che punto è grande il suo amore, ecco fino a che punto è grande la dignità dell’uomo.
L.R.