Rif.: Sap 2,12-20; Sal 53; Gc 3,16-4,3; Mc 9,30-37
Il libro della Sapienza esamina l’eterno conflitto tra il bene e il male, tra cattivi e buoni. Questi ultimi sono di impiccio e rimprovero per i primi che ne decidono la persecuzione e la condanna. Il profilo di Cristo emerge decisamente. Buono ed Innocente fu perseguitato e condannato ad “una morte infamante” Ma la condanna del giusto non è solo una chiara ingiustizia frutto della gelosia e dei peggiori sentimenti che albergano nel cuore dell’uomo, ma una sfida a Dio:
“se infatti il giusto è figlio di Dio, egli verrà in suo aiuto e lo libererà”.
Ci si aspetta un intervento spettacolare, si pretende che Dio prenda provvedimenti perché lo si è provocato e perciò piegato, in un certo senso, al proprio volere… Il brano ci riporta le voci beffarde che si levarono ai piedi della croce: “Ha confidato in Dio; lo liberi lui ora, se gli vuol bene” (Mt 27,43) . E di Croce si parla nuovamente anche nel Vangelo di questa domenica, Gesù “istruisce i discepoli” sulla sua prossima morte e risurrezione: è il secondo annuncio della Passione ma, essi non comprendono e hanno timore di chiedere ulteriori spiegazioni; così mentre Cristo parla della sua Passione i discepoli discutono su chi sia il più grande tra loro.
Nella seconda lettura, tratta dalla Lettera di s. Giacomo, l’apostolo fa risalire la causa “di ogni sorta di cattive azioni” alle insane passioni che agitano il cuore dell’uomo, prime fra tutte la gelosia e l’invidia, che si contrappongono alla “sapienza che viene dall’alto”, l’unica che porti alla giustizia e alla pace.
Come si è visto, ciascuna delle letture di questa domenica contiene al suo interno grandi contrasti: giustizia ed empietà nella prima lettura, sapienza divina e umane passioni nella seconda, mentre il Vangelo oppone al secondo annuncio della Passione il silenzio e la discussione degli Apostoli su chi sia il più grande fra loro.
Il tema di fondo della liturgia è dunque da ricercare nella contrapposizione tra sapienza divina pura, incontaminata, libera, che tutto conosce e ama e le passioni umane capaci di offuscare mente e cuore. Il groviglio di sentimenti che si agita nel cuore dell’uomo conduce alla ricerca del proprio interesse e dell’affermazione egoista del proprio “io”. Ancora una volta, perciò ci sorprende l’invito di Gesù “se uno vuol essere il primo sia l’ultimo di tutti e il servo di tutti”: monito severo all’egoismo e alla vanagloria. Un capovolgimento di valori che si offre alla nostra riflessione, un’esortazione che ci spinge a disporci in umiltà e obbedienza, ricordandoci che la vera sapienza non consiste nel fare la nostra volontà, ma quella del Padre. Servire Cristo non è una questione di prestigio o affermazione personale, ma solo di docilità a Dio che, al di là dei nostri meriti e delle nostre aspirazioni, ci chiama a svolgere l’umile servizio di disponibilità ai fratelli. San Paolo individua nel corpo umano varie membra e ciascuna con una funzione diversa ma nessuna di esse è meno nobile di un’altra, al contrario tutte sono ugualmente utili al benessere generale. La vera sapienza è dunque la stessa che spinse Cristo a spogliarsi della sua gloria e a donarsi perché in lui fatto Uomo ogni uomo ritrovasse la dignità di figlio di Dio.
L.R.