Rif.: Nm 11,25-29; Sal 18; Gc 5,1-6; Mc 9,37-42.45.47-48
Mosè aveva scelto settanta uomini che lo aiutassero a giudicare le questioni ordinarie del popolo, eccoli ora tutti alla presenza del Signore che effonde su di loro il suo Spirito per renderli idonei al loro compito. Ma altri due che, pur essendo stati scelti erano rimasti nell’accampamento, profetizzano al pari degli altri. Giosuè se ne lamenta con Mosé e questi gli risponde: “E’ il Signore che dà loro il suo spirito”.
Simili a quelle di Mosè sono le parole di Gesù a Giovanni e ai Dodici che hanno vietato ad un tale di scacciare demoni in nome di Cristo “perché non era dei nostri”. “Non glielo proibite” risponde Gesù: “non c’è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito dopo possa parlare male di me”. Profetizzare e fare miracoli, infatti, non dipende dagli uomini ma da Dio che agisce in essi. Il primo, grande insegnamento delle Scritture di questa domenica è, dunque, l’imprevedibilità dello Spirito che, sfuggendo ad ogni umano progetto, non si lascia ostacolare da un accampamento né rinchiudere all’interno di un gruppo per quanto vicino a Cristo.
Lo Spirito è come il vento, dirà Gesù a Nicodemo, se ne sente il sibilo ma nessuno può sapere da dove venga e dove vada. (Gv 3,8). Dio quindi si riserva la sovrana libertà di donarlo quando, come e a chi crede. Questo avviene non per una casuale preferenza ma, per l’incontenibile, tenero amore che Dio nutre per tutti gli uomini; non volendo infatti che nessuno sia escluso dalla sua conoscenza, Egli dona a tutti l’occasione e la capacità di conoscerlo al di là della miscredenza o della religione professata.
Essere vicini a Cristo, far parte di un gruppo o di un associazione religiosa non autorizza nessuno a dirsi proprietario di Dio, il credente al contrario, come indica il Vangelo, è colui che si consegna a Dio con la semplicità di un bambino che, bisognoso di essere educato ed istruito, si fida dei propri genitori e ne accetta coccole e castighi. Come il bimbo il credente sa di appartenere a Dio, ma di non averne l’esclusiva, Egli è di tutti e tutti gli appartengono, cosi come il papà e la mamma appartengono in egual modo a tutti i loro figli. Le Letture ci guidano ad una sola conclusione: non è l’uomo a decidere dell’azione di Dio, ma è Dio, con il suo Spirito, a guidare il cuore dell’uomo e il corso della storia affinché ad ognuno sia data la possibilità di conoscerlo, di amarlo, di collaborare alla sua opera, al di là di qualsiasi appartenenza etnica o religiosa. L’uomo veramente religioso è colui che, trascinato dallo Spirito, vive dello stesso Amore e della stessa divina libertà!
L’uomo veramente religioso è colui che in nome della propria libertà è pronto a tagliare via da sé ogni cosa che gli impedisca di volare alto e vivere della stessa vita di Dio, fosse anche la propria mano o il piede o l’occhio.
L’uomo veramente religioso è colui che considera la transitorietà e deperibilità di ogni bene terreno (cfr. II Lett.); egli sa che la ricchezza, accumulata a scapito dei più poveri, diverrà un pesante fardello di accuse di cui rendere conto a Dio.
Consapevole di essere continuamente in tentazione la Chiesa umilmente si rivolge al Padre:
O Dio, effondi il tuo Spirito … perché ogni uomo sia ricco del tuo dono, e a tutti i popoli della terra siano annunziate le meraviglie del tuo amore. (Colletta II)
L.R.