Rif: Gn 2,18-24; Sal 127/128,1-6; Eb 2,9-11; Mc 10,2-16
La liturgia vuole riportarci alle “prime origini” quando la Legge e la Parola di Dio non erano state ancora adombrate dall’incomprensione e dalla durezza del cuore umano. Un viaggio alla riscoperta delle radici dunque che inizia chiedendosi cosa Dio voglia dire effettivamente e quale sia il suo primo progetto. Ci viene incontro la prima lettura che si apre sullo scenario degli albori della Creazione, quando nell’armonia del Cosmo appena creato, la voce di Adamo risuona per dare un nome ad ogni cosa e ad ogni essere vivente, divenendone così il padrone e dominatore. Ma Dio guarda perplesso la sua creatura e vede che nulla gli può essere confrontato, nello splendore del Creato Adamo è tragicamente solo, è necessario offrirgli un essere a lui simile che gli sia di aiuto. La creazione della donna nasce innanzitutto dalla necessità di essere uno per l’altro aiuto, non contrapposti, ma l’uno riflesso dell’altra e nell’altra. Ecco il prodigio. E Adamo esulta, mentre guarda ammirato la donna che Dio gli pone accanto, egli ha finalmente trovato una creatura simile a lui nella natura, nella sostanza e nella dignità, nata dalla sua stessa vita, plasmata come lui dalle mani dell’Altissimo eppure tanto diversa. A lei dedica il suo canto d’amore, il primo della storia:
“Questa volta essa è carne della mia carne, e osso delle mia ossa”.
Una la loro origine l’unità il loro destino, Adamo ed Eva sono complementari l’uno all’altra tanto da potersi fondere fino a generare dalla loro unione un altro essere vivente e ancora un altro e così via fino a moltiplicare nel tempo la vita ricevuta in dono. L’uno per l’altra, così voluti dal Creatore che benedice e rende feconde le prime nozze della storia. Nel Salmo, la famiglia, nell’intreccio dei compiti, delle relazioni e degli affetti, appare quale essa è: una benedizione! Cioè un atto divino, prima che umano, un dono divino che si rinnova nella fatica e nell’intimità della casa, che si perpetua in ogni figlio, un dono che si inserisce nell’armonia e nella bellezza della natura, dalla quale il salmista trae l’immagine della vite feconda (la sposa) e dei virgulti d’olivo (i figli). Vita e amore sono i doni che Adamo ed Eva ricevettero all’alba dei tempi e compresero che la loro vita era fatta per l’amore e che dall’amore sarebbe nata la vita, ma perché questo accadesse era indispensabile rimanere uniti.
Ciò che normalmente sfugge è che l’unione matrimoniale è “necessariamente” indissolubile, essa infatti riflette nel suo scambio d’amore l’amore eterno, fedele ed indissolubile del Creatore per il suo popolo e per tutta l’umanità.
I profeti, infatti, hanno cantato più e più volte l’amore di Dio usando l’immagine dello sposo che con accenti accorati richiama la sposa all’antico amore della giovinezza, uno sposo che non si lascia piegare dal rifiuto e dall’adulterio che minaccia e perdona, ma che ama, ama, ama fino al punto di assumere la stessa natura di quella sposa amata e ribelle fino a farsi “carne della sua carne”.
L.R.