Rif.: Sap 7,7-11; Sal 89; Eb 4,12-13; Mc 10,17-30
Dinanzi a Dio è il cuore dell’uomo, Egli ne scruta sentimenti e pensieri, nulla può essere celato ai Suoi occhi. Questo l’inizio della splendida preghiera seconda di Colletta che, come una “ouverture” nell’opera lirica, coglie e ci dona le note essenziali di tutta la Liturgia di questa domenica dove povertà e ricchezza si contrappongono e dove il cuore dell’uomo è chiamato a scegliere fra l’una e l’altra.
A prima vista sembra assurdo che Gesù chiami alla povertà i suoi seguaci mentre tutto l’Antico Testamento identifica con l’abbondanza dei beni la benedizione divina e con la povertà la sua maledizione. In effetti non c’è contraddizione, Gesù non vuole la miseria, la penuria dei mezzi, la sofferenza, ma chiede che l’uomo sia libero da ogni asservimento, solo quando la ricchezza schiavizza e rende egoisti è da condannare. E’ lo stesso concetto che Gesù aveva espresso quando aveva detto che era meglio tagliarsi la mano destra o il piede o cavarsi un occhio piuttosto che essere buttato nella Geenna. Con un simile significato Gesù oggi si rivolge ad un giovane ricco: “va’, vendi quello che hai e dallo ai poveri, e avrai un tesoro in cielo; e vieni! Seguimi!”. Ma è un insuccesso: il giovane, divenuto sciuro in volto, se ne va rattristato, il richiamo del danaro è potente ed egli non sa separarsene, il suo cuore ne è ormai dominato.
Gesù ci dimostra così che la ricchezza che impedisce di ascoltare la voce di Dio diviene il male, l’ostacolo che dobbiamo tagliare via da noi.
C’è inoltre un’altra considerazione da fare Gesù non chiede al giovane una povertà sterile ma feconda che diventi cioè benessere per gli altri, infatti all’invito a vendere segue l’invito a “donare” ai poveri. La ricchezza che porta sollievo, che diventa pane per l’affamato e acqua per l’assetato è essa stessa un bene perché ci mette sulla scia dell’agire divino che è Creatore e Padre, Provvidenza e Bene e continuamente dona.
Ecco perché Gesù, proprio all’inizio del colloquio, premette: “nessuno è buono, se non Dio solo”. Da questa prima affermazione scaturisce ogni altra verità sull’uomo e su Dio. Mentre Dio cerca l’uomo per donargli se stesso, Bene assoluto, l’uomo si affanna a cercare nei beni materiali ciò che solo in Dio può trovare.
Affidare alle ricchezze la nostra tranquillità, infatti, significa sostituire il bisogno di Dio con il bisogno di cose materiali, allora ogni cosa che ci allontana da Lui diventa un male, un fastidio dal quale l’uomo saggio tenta di liberarsi in ogni modo, come ci si libera dalla sabbia o dal fango (I lettura). La sapienza del cuore, invece, è quella che ci spinge ad avere bisogno di Dio, il solo Buono, il solo Bene da preferire anche alla stessa luce, per quanto splendente (I lettura). Bisogno di Dio è lasciarsi penetrare e ferire dalla sua Parola viva ed efficace, dolorosa come una spada che trafigge il cuore (II lettura), ma la sola che ci possa separare dall’egoismo, dal dubbio e da ogni altra chiusura. La vera ricchezza è quella che si dona, è quella del cuore che sa farsi “povero” dinanzi a Dio, desideroso di ascoltare la sua Parola che ammaestra e salva. Dio non ci vuole poveri e affamati, ma liberi di seguirlo ogni volta che Egli, guardandoci, ci ama e ci dice : “vieni! Seguimi!”
L. R.