Rif.: Dn 12,1-3; Sal 15; Eb 10,11-14.18; Mc 13,24-32
Il fine e la fine si intrecciano nelle Letture di questa domenica in un’atmosfera di forte tensione che preannuncia la fine dei tempi e del Tempo. Grandi avvenimenti astrali, segni grandiosi nel cielo, annunceranno il ritorno glorioso del Signore Gesù, che verrà nella sua gloria e potenza. Sarà il risveglio di quelli che abbiamo creduto morti per sempre e dopo ognuno avrà ciò che nella vita ha scelto e seguito; l’amore o l’odio, il bene o il male.
Responsabili del nostro eterno destino
Premio per i buoni e castigo per gli altri? Metterla così è riduttivo, c’è qualcosa di più profondo nel concetto di ciò che ci attende: felicità e dannazione saranno la conseguenza della libera scelta che ciascuno ha effettuato nel tempo. Dio non vuole il male di nessuno, ma rispetta la libertà dell’uomo. E’ perché l’uomo fosse libero dalla schiavitù egizia che ci fu l’Esodo, perché l’uomo fosse libero dal peccato Cristo ci redense con la sua Croce. La libertà ci rende responsabili del nostro eterno destino che già da questa terra scegliamo. Non angoscia dunque, ma la consapevolezza che questa vita terrena ci prepara a quella eterna e che lo spazio di tempo che ci è concesso ci introduce in una eterna beatitudine o in una “vergogna eterna”.
Quella che consideriamo la fine della vita è l’inizio di quello futura, quello che valutiamo fine del tempo è inizio dell’eternità in un eterno ciclo vitale che vede coincidere il fine della vita con la sua fine in questa terra.
Dio ci attende per donare ancora vita
Mentre annuncia questo apocalittico termine, Gesù usa l’immagine del fico che, dopo i rigori dell’inverno, si ricopre di nuovi germogli. E’ invito alla speranza, come dalla inclemenza dell’inverno ancora nascono i fiori e poi i frutti che l’estate farà maturare, così dal sovvertimento cosmico nasce l’eternità. Al di là di ogni paura o dubbio, al di là della stessa morte, Dio ci attende per donare ancora vita, per fugare ogni timore, per asciugare ogni lacrima, per renderci eternamente felici.
L’anno liturgico si avvia alla sua conclusione e le Letture ci aiutano a proiettarci al di là del tempo, verso l’eternità che ci attende e alla quale tutto si dirige. Non la fine, dunque, ma il momento solenne nel quale lo scopo del nostro esistere risplenderà nell’avvento glorioso di Cristo che spalancherà le porte di un tempo senza fine attraverso le quali gli uomini si avvieranno al loro destino eterno e che nel Vangelo Gesù preannuncia: “vedranno il Figlio dell’uomo venire sulle nubi con grande potenza e gloria”.
Ognuno si gioca la sua parte di eternità
Il tono forte delle sue parole procura sgomento, ma Dio non lascia mai senza speranza, Egli è datore di vita e le sue azioni non mirano alla distruzione di ciò che ha creato. Così, mentre tutto si avvia alla fine, è proprio quello il tempo in cui la morte sarà sconfitta per sempre e “molti di quelli che dormono nella polvere della terra si risveglieranno” (I lettura).
Questa nostra vita, che scorre fra mille occupazioni, divorata da tante cose a volte inutili è il tempo prezioso nel quale ognuno si gioca la sua parte di eternità. La tensione delle letture richiama con forza la nostra attenzione e ci mette in guardia: sprecare il tempo è veramente la fine, donarlo per vivere secondo il comandamento dell’amore è il vero scopo, il fine della vita.
La ricchezza vera è quella che Dio ci donerà, non quella che si accumula quaggiù, la preoccupazione vera è essere pronti a rendere conto dei pensieri e dei sentimenti che hanno guidato le nostre azioni e non delle buone intenzioni rimandate al domani.
Solo il Padre conosce e dispone del nostro domani!
LR