Rif.: Mt 1,1-25; Lc 2,1-14; Lc 2,15-20; Gv 1,1-18
La Liturgia del Natale inizia con la proclamazione dell’Antifona d’ingresso della Messa della Vigilia: “Oggi sapete che il Signore viene a salvarci: domani vedrete la sua gloria”. Quel “sapete” sottolinea che la nascita del Signore diventa fatto “conoscibile dall’uomo”, esso avviene in momento storico preciso, di cui Luca ci dà le coordinate, e diventa parte integrane di una famiglia umana di cui Matteo elenca la discendenza. La nascita di Gesù diventa così un fatto reale, storico, “umano” che appartiene agli uomini e ad essi è destinato, forse perciò, al di là di ogni considerazione teologica, il Figlio di Dio più volte si definirà Figlio dell’uomo.
Con queste premesse la Liturgia ci conduce, attraverso le quattro celebrazioni del Natale, in un cammino che comprende varie tappe di riflessioni in ognuna delle quali incontriamo persone e situazioni che divengono esempio e monito per ogni credente.
Nella prima Messa, quella vespertina della Vigilia, Matteo ci riporta le genealogia di Gesù e il comportamento di Giuseppe, suo padre putativo. Un angelo parla a Giuseppe in sogno annunciandogli che il bimbo generato nel grembo di Maria viene dalla Spirito Santo e che salverà il popolo dai peccati. Giuseppe ha fede e accoglie Maria e con lei questo bimbo che Dio affida alle sue cure ed alla sua responsabilità. Come per Giuseppe, nascendo Dio si affida ad ogni uomo, ne attende le cure, si aspetta di essere amato, ogni uomo diventa “responsabile” di Dio che viene nel suo cuore.
Nella Messa della Notte invece si fa innanzitutto memoria dell’ora in cui Gesù nacque a Betlemme, secondo la profezia: “Mentre un quieto silenzio avvolgeva tutte le cose e la notte era a metà del suo corso, la tua parola onnipotente, dal cielo, dal tuo trono regale, si slanciò in mezzo alla terra” (Sap 18,14-15). Dio entra nel tempo dell’uomo, penetra nelle tenebre che lo avvolgono e le rischiara con la sua luce. Ma il buio e il silenzio che avvolgono la sua nascita sono anche il simbolo del mistero che avvolge l’evento. Evento reale, ma pur sempre mistero, che viene annunciato dagli angeli a quelli che sono considerati gli ultimi nella scala sociale: i pastori che vegliano il gregge. Gesù stesso si definirà pastore venuto a chiamare le pecore, ma ora è solo un Bambino che chiama i poveri a sé e li attira con la forza della fede. I pastori diventano esempio per noi, esempio di fede semplice che non interroga Dio, ma da Lui si lascia guidare e attrarre. La docilità e l’umiltà dei pastori segnano anche l’itinerario personale di ogni credente che, senza indagare il “come” o il “quando” si immerge con stupore nel “perché” Dio scelga la condizione della debolezza e della povertà, del limite e della sofferenza come un qualsiasi altro uomo, per venire tra noi.
La Liturgia si conclude con la quarta Messa, quella del giorno, nella quale campeggia il Prologo di Giovanni che ribadisce con forza e profondità che Colui che vediamo piccolo è indifeso è Dio, l’Onnipotente che dall’eternità vive e ci ama, il cui Figlio – in forza del quale ogni cosa esiste e vive – è venuto tra noi “pieno di grazia e di verità”, come luce che splende nelle tenebre …
Natale è la notte in cui noi siamo chiamati ad accogliere Dio, nato per noi, Salvatore del mondo!
Buon Natale a chi ha la fede pronta di Giuseppe, la semplicità e la docilità dei pastori, a chi sa meditare le cose di Dio come Maria, a chi, senza farsi domande, a Dio si affida e da Lui si lascia illuminare.
Buon Natale al mondo intero perché dimentichi la guerra, abbandoni ogni prepotenza, rifiuti il pregiudizio, apprezzi la bontà e cerchi la pace come un affamato cerca il pane. Pane e pace sono infatti gli estremi entro i quali si svolge la vicenda umana di Gesù che nacque a Betlemme = casa del pane e, con la sua morte-resurrezione a tutti donò la pace.
L.R.