Rif.: Ne 8,2-10; Sal 18; 1Cor 12,12-30; Lc 1,1-4; 4,14-21
Dopo l’esilio di Babilonia, fra le macerie del Tempio fu ritrovato il libro della Legge e se ne diede pubblica lettura ad opera del sacerdote Esdra coadiuvato dai leviti.
Una liturgia solenne che verte tutta sulla proclamazione e spiegazione della Parola di Dio. Il sacerdote è in alto rispetto all’assemblea, egli è l’anello di congiunzione fra Dio e il popolo; di quest’ultimo raccoglie le voci e le preghiere per presentarle al Signore e al popolo reca la parola di Dio. All’apertura del Libro tutti si sono alzati in piedi e poi prostrati “dinanzi al Signore” poiché Dio e la sua Parola son un unicum: dov’è la Parola là c’è Dio con la sua misericordia e la sua giustizia.
La proclamazione della Parola copre un arco di tempo molto lungo: dall’alba al mezzogiorno (quasi 6/7 ore): al Padrone del Tempo si dona il tempo che abbiamo perché Egli lo santifichi. Una volta papa Giovanni Paolo II riprese un suo accompagnatore che aveva sorpreso a guardare l’orologio durante la meditazione di un sacerdote dicendo: “quando un uomo di Dio parla, parla in nome di Dio e a Dio non si porta fretta”.
La prima lettura, inoltre, pone l’accento sulla gioia che deriva dall’ascoltare Dio, dalla sua presenza e dal fatto che per parlarci Egli si è chinato verso di noi, ha ascoltato le nostre richieste, si è commosso per la nostra situazione, è venuto a liberarci e a guidarci, a darci speranza e a donarci il Regno nel futuro e la sua presenza nel presente.
Alle parole fanno seguito le azioni: “mandate porzioni a quelli che nulla hanno di preparato”, la parola deve permeare azioni e pensieri e tradursi in carità perché l’amore di Dio che ci ha investiti deve giungere a tutti, e la gioia che ne deriva deve dilagare come un fiume in piena coinvolgendo anche gli altri perché tutti sono destinatari della speranza. Anche nel Vangelo ci viene presentata una liturgia della Parola che vede protagonista Gesù all’interno della sinagoga a Nazareth.
Il fatto è preceduto dall’inizio del Vangelo di Luca, nel quale l’evangelista spiega come i fatti narrati nel suo libro siano reali e accuratamente documentati perché attinti dalla predicazione e dalle informazioni che gli hanno fornito quelli che ne sono stati “testimoni fin da principio” e che poi sono diventati “ministri della parola” cioè gli apostoli. Il brano prosegue con l’arrivo di Gesù in Galilea e di qui a Nazareth, là dove ha vissuto fino a poco tempo prima.
E’ sabato, (shabbat) giorno che Dio stesso ha destinato al riposo e che viene santificato con l’astensione da ogni lavoro e con l’ascolto della Parola di Dio. A questa usanza si sottopone lo stesso Gesù che, recatosi in sinagoga, si alza a leggere un brano del profeta Isaia:
“Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione”. Poi Gesù conclude dicendo: “Oggi si compiuta questa Scrittura”. Colui che parla è dunque l’Unto, il Cristo, Egli è l’Inviato dal Padre e ne è il Figlio amato nel quale Dio ha posto il suo compiacimento”. Da Dio ha ricevuto la speciale missione di portare ai poveri il lieto annunzio, proclamare la liberazione ai prigionieri, ridare la vista ai ciechi, rimettere in libertà gli oppressi e proclamare l’anno di grazia del Signore.
In Cristo la promessa è compiuta! Dio si è chinato sull’uomo, nel Figlio è venuto fra gli uomini a portare tutto ciò che ridà all’uomo la dignità perduta: la speranza, la libertà, la vista, il riscatto sociale, la misericordia, il perdono, la pace.
Oggi l’opera di Cristo continua nella sua Chiesa, dove ognuno è chiamato a svolgere un compito, ad assolvere una missione; così come nel corpo umano ogni membro, pur diviso e distinto dall’altro, è chiamato a prendersi cura di tutte le altre membra e di quello più bisognoso in particolare.
Ritorna, implicito, il tema dell’amore che Gesù ha trasformato in comandamento e ci ha lasciato come il suo testamento spirituale: “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”, “da questo conosceranno che siete miei discepoli se vi amerete gli uni gli altri”. Solo l’amore che doniamo agli altri trasforma le nostre preghiere e le nostre celebrazioni in un canto di lode che giunge a Dio e ne commuove il cuore.
L.R.
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