Rif.: Is 50,4-7; Sal 21; Fil 2,6-11; Lc 22,14 – 23,56
La solenne liturgia della Domenica delle Palme ci introduce nel Tempo santissimo della Grande Settimana o Settimana Santa in cui la Chiesa fa memoria del mistero della Passione, Morte e Resurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo.
Un tempo in tutte le Chiese, a partire dalla quinta domenica di Quaresima, si usava coprire la Croce per interrompere l’abitudine a guardarla senza più la reverenza e la devozione dovute. Spesso infatti capita che l’abitudine riduca l’importanza, il significato, la bellezza di ogni cosa. Diverso è ripetere il saluto di giorno in giorno, altro è salutare una persona che non vediamo da tempo. Così la Croce velata ci dice che essa è innanzitutto mistero grande che i nostri occhi non potranno mai penetrare poi la mancanza della sua “visione” ci fa riscoprire quanto essa sia importante nella nostra vita, quanto ormai ne faccia parte integrante e come essa ci accompagni dall’alba al tramonto di ogni giorno della vita. La Croce negata alla vista si rivela al cuore come qualcosa che fa parte di noi e che nella vita ci conduce e sostiene.
Proprio nel mistero della Croce ci introduce la liturgia di questa domenica che si svolge tra l’Osanna d’ingresso e il Crucifige della Passione. Nell’immaginario collettivo prevale la nota festosa della processione iniziale, dello scambio delle “Palme” e ben poco rimane – forse solo un po’ di noia – per il lungo racconto della Passione. Eppure questa domenica racchiude i semi di tutto il mistero della Redenzione, a partire dalla I lett. – tratta dal “terzo canto del Servo” del profeta Isaia – che delinea i tratti di Cristo che si fa servo obbediente al Padre ed in Lui confida sempre, anche nelle sofferenze e nella tortura, nell’inganno e nell’umiliazione e da Dio trae forza e tenacia. La liturgia poi continua con la profonda riflessione di s. Paolo sulla vicenda terrena di Cristo che, dall’alto dei cieli e della sua dignità divina, viene tra noi in umiltà e obbedienza totale, assumendo la natura umana che lo porterà alla croce e alla morte. Segue infine il Vangelo che inizia con l’Ultima Cena e con lo struggente desiderio di Gesù che ha voluto fortemente celebrare quest’ultima Pasqua con i suoi discepoli e ad essi e a noi fa dono di sé nell’Eucaristia. Offerta che anticipa e compendia la profondità del mistero redentivo di Cristo che si consegna all’incomprensione dei suoi, alla vigliaccheria della loro fuga, al rinnegamento di Pietro, al tradimento di Giuda, che si dona ai peccatori, ché tali siamo tutti dinanzi alla sua innocenza. Senza riserve, senza remore, Cristo si consegna a coloro che lo arrestano, ai flagelli, agli sputi, alla derisione … alla Croce. Là è ancora una volta schernito e disprezzato, là la sua agonia è esposta al rifiuto del mondo, alla tentazione diabolica che lo invita a scendere dalla Croce e a mostrarsi qual è potente, nei cieli e sulla terra. Cristo si consegna alla Croce, luogo dell’abbandono e del silenzio di Dio.
Alla Croce! Luogo della redenzione, luogo della sua finale intercessione e giustificazione: “Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno”, luogo nel quale la malvagità umana incontra il perdono e la misericordia.
Croce, luogo di disperazione e di speranza, di giudizio e di perdono, dove l’avvenire sembra non avere più nulla da offrire e le tenebre ricoprono la terra; dove la salvezza cancella il peccato così che il ladrone e Cristo possono ascendere insieme al cielo.
Nella Croce : “Tutto è compiuto” e ai suoi piedi fiorisce la fede che risuona forte sulle labbra di un pagano: “Veramente quest’uomo è il figlio di Dio”.
Ai suoi piedi la fede e la speranza rinascono ed osiamo addentrarci in questo austero tempo di Grazia e di salvezza che ci spinge verso la Veglia, Madre di tutte le Veglie e in essa attendiamo con fede che dal buio della croce prorompa la vita!
Buona Domenica delle Palme a tutti!
L.R.
Fot. Syd Sujuaan/Unsplash.com