Mercoledì 15 maggio presso la Pontificia Università Gregoriana di Roma sono stati presentati due volumi: “La Chiesa Cattolica in Europa centro-orientale di fronte al Nazionalsocialismo 1933-1945” e “Perseguitati per la fede. Le vittime del Nazionalsocialismo in Europa centro-orientale”. Le due opere chiudono la sezione sui totalitarismi del XX secolo della medesima collana, che annovera 5 volumi, con 220 contributi di 189 diversi autori, per un totale di oltre 5200 pagine. Sulla nostra pagina pubblichiamo un frammento dell’intervento di Jan Mikrut, docente alla Gregoriana e direttore della collana “Storia della Chiesa in Europa centro-orientale” consegnato durante la presentazione dei libri.
Continuando il nostro proposito di avvicinare la storia dell’Europa Centro-orientale ai lettori delle altre zone del Continente e del Mondo, presentiamo oggi i due libri dedicati alla storia della Chiesa nel doloroso periodo del Nazionalsocialismo e della Seconda guerra mondiale. I Paesi aggressori, gli iniziatori della Seconda guerra mondiale, furono la Germania e l’Unione Sovietica, due sistemi totalitari del XX secolo, oltre al fascismo italiano.
Dopo la presa del potere in Germania da Adolf Hitler nel 1933, decine di milioni di cittadini tedeschi dovettero scontrarsi con questa disumana visione del mondo. Hitler dichiarò di voler sistemare le relazioni tra Chiesa e Stato con un Concordato tra la Santa Sede e la Germania, firmato a Roma il 20 agosto 1933. Le opinioni nell’episcopato cattolico tedesco sul modo di rapportarsi con il regime erano differenti. Il fatto è che né la Chiesa evangelica né la Chiesa cattolica alzarono pubblicamente la voce per protestare contro le leggi razziali del 1935.
L’enciclica Mit brennender Sorge di Pio XI pubblicata il 10 marzo 1937 criticava i fondamenti ideologici della politica della Germania. L’enciclica fu pubblicata in lingua tedesca ed era ovvio che le sue conseguenze si sarebbero ripercosse presto sulla Chiesa.
Il 3 maggio 1938 Hitler visitò Roma e il papa Pio XI partì per Castel Gandolfo per non incontrarlo, le porte dei Musei vaticani e della Basilica di San Pietro rimasero in questo giorno chiuse. Il comportamento del pontefice fu una sorta di manifesto antinazista anche se solo un atto simbolico.
(…) Nell’estate del 1939 già il nuovo papa Pio XII, che osservava con tensione la politica europea, si prodigò per salvare la pace appellandosi a tutte le potenze affinché le questioni internazionali fossero risolte. Purtroppo i suoi interventi rimasero senza alcun effetto positivo. Il nazismo tedesco e il comunismo sovietico presupponevano la dominazione di un’unica ideologia legittima sotto il governo di un’unica forza politica. In questa situazione proprio la Chiesa cattolica romana appariva come uno dei più temibili nemici ideologici di questi sistemi.
Gli ideologi nazisti si posero come obiettivo di forgiare una nuova società basata sui principi del nazionalsocialismo, realizzando la loro politica a seconda del luogo e delle circostanze, cercando di mantenere le apparenze di legalità e attaccando la Chiesa e i cristiani come rivoltosi che minacciavano i fondamenti dello Stato di diritto. Così, il programma politico dello Stato nazista comprendeva la spietata lotta contro la Chiesa riconosciuta come il più grande pericolo per il Terzo Reich.
Il martirio dei numerosi cristiani, sia laici sia ecclesiastici, nonostante siano passati già ottant’anni dall’inizio della guerra e nonostante siano state già scritte numerose pubblicazioni al riguardo nel percorso degli anni dopo la guerra, non è stato ancora del tutto studiato e descritto. Esso è poco conosciuto nei Paesi occidentali, che hanno sperimentato gli orrori della guerra in misura minore rispetto all’Europa dell’Est.
(…) L’aggressione tedesca alla Polonia del 1° settembre e poi quella sovietica del 17 settembre 1939 cambiò radicalmente la situazione. Il territorio della Polonia fu diviso in virtù del trattato di non aggressione firmato il 23 agosto 1939 a Mosca dai ministri degli esteri sovietico e tedesco: l’URSS si assicurò l’annessione della Polonia orientale, gli Stati Baltici, la Germania fu riconfermata l’occupazione della parte occidentale della Polonia. (…) I tedeschi eseguirono sull’intero territorio nazionale arresti di massa. Loro obiettivo fu l’eliminazione della cultura polacca. La popolazione fu utilizzata come forza lavoro, la classe dirigente e l’intellighenzia furono sottoposte allo sterminio.
La popolazione polacca diminuì da 35 milioni, censiti nel 1939, a 24 milioni nel 1945, 11 milioni di persone in meno. Questa drastica riduzione fu causata da entrambe le occupazioni. Negli anni dell’occupazione diverse forme di repressione toccarono 6.565 ecclesiastici. Le perdite personali del clero ammontarono a 2.812 persone, tra cui 4 vescovi, 1.863 sacerdoti diocesani, 289 sacerdoti regolari, 149 seminaristi, 205 fratelli religiosi, 289 suore. Solo nel campo di concentramento di Dachau furono internati 2.801 sacerdoti, tra cui 1.773 polacchi. Molti furono resi invalidi a causa degli esperimenti pseudo-medici fatti su di loro. Tra i 1.034 ecclesiastici uccisi a Dachau ve ne erano 799 tra sacerdoti, religiosi e seminaristi polacchi. La guerra per la conquista della Jugoslavia finì in pochi giorni, la capitale Belgrado fu occupata il 12 aprile 1941. Il territorio nazionale fu occupato dell’esercito tedesco e da quello italiano.
Dopo la conquistata dalle forze congiunte tedesco-italiane nel 1941 in Croazia c’erano forti sentimenti pro-fascisti e anti-serbi. I tedeschi decisero di dare alla Croazia l’apparenza d’indipendenza. Il governo fu affidato al movimento Ustaše guidato da Ante Pavelić. L’arcivescovo di Zagabria Alojzije Viktor Stepinac, futuro cardinale e beato della Chiesa cattolica, cercava di salvaguardare le persone perseguitate. L’arcivescovo fu accusato dai partigiani e poi dal governo comunista, senza le dovute prove, di aver costretto gli ebrei e i serbi ortodossi a convertirsi al cattolicesimo. Senza le sue voci critiche il percorso della guerra sarebbe stato ancora più drammatico.
Il territorio della Slovenia fu diviso tra la Germania e l’Italia. La situazione della popolazione in tutte le zone di occupazione era difficile. Gli sloveni subirono persecuzioni sia da parte dei tedeschi sia da parte degli italiani. Un grande numero di sacerdoti fu perseguitato dai partigiani comunisti; dopo la guerra, il clero divenne vittima dello Stato jugoslavo, una comunità di popoli organizzati sui principi dell’ideologia comunista.
Benché il periodo nazista sia un momento storico relativamente recente, la sua descrizione e percezione sembra causare molti problemi, sia a livello individuale che statale, come anche nella comunità scientifica. Pertanto, lo scopo di queste pubblicazioni è quello di presentare le Chiese e le comunità cristiane nei diversi paesi dell’Europa centrale e orientale durante l’egemonia nazista, affidando l’elaborazione di singole aree geografiche e paesi agli studiosi provenienti da una data regione. Un altro scopo è quello di colmare le lacune e avvicinare ai nostri lettori diverse figure di coraggiosi cristiani, poco conosciute o del tutto sconosciute, che si distinsero per il loro coraggio e per la loro fedeltà a Cristo e alla Sua Chiesa. Dare voce agli storici dei paesi direttamente interessati e colpiti dalla tragedia della persecuzione è particolarmente importante ed è stato riconosciuto e apprezzato nelle precedenti pubblicazioni della collana. Ringrazio tutti gli autori per le loro accurate ricerche e studi, per aver presentato ricche e talvolta sconosciute fonti nell’ambito della storiografia italiana.
Jan Mikrut