Rif.: At 1,1-11; Sal 46; Eb 9, 24-28;10,19-23; Lc 24,46-53
“Fu elevato in alto e una nube lo sottrasse ai loro occhi” In queste poche parole è racchiuso il mistero dell’Ascensione del Signore. Mistero che conclude la sua missione terrena e la sua presenza visibile tra gli apostoli. Missione e presenza che continuano per mezzo della Chiesa animata, istruita e sostenuta dalla potenza dello Spirito Santo. Un mistero grande che ci coinvolge nelle più intime fibre perché, come dice la preghiera di Colletta II, in Cristo che ascende al cielo è la nostra umanità ad essere innalzata accanto a Dio, anzi ad essere inserita in Dio. Il nostro Dio senza perdere nulla della sua trascendenza e santità è un Dio fatto uomo che come uomo ha patito, sofferto, è morto ed è risorto. Gesù stesso ricorda questo suo percorso agli apostoli che lo guardano stupiti allontanarsi ed “essere portato” verso il cielo. Gesù è portato verso il cielo questo ci fa comprendere che senza la volontà di Dio l’umanità non avrebbe la forza di “salire” verso il cielo, la carne ha bisogno di “essere sollevata”, ha bisogno di Dio per raggiungere Dio. E’ il primo aspetto della scena grandiosa che sia gli Atti che il Vangelo ci raccontano. Il secondo aspetto è che gli Angeli annunciano agli astanti che Cristo non è andato via per sempre, il suo allontanamento è temporaneo, la sua partenza è una promessa di ritorno, un impegno sicuro “perché è degno di fede colui che ha promesso” (II lett.).
“Perché state a guardare verso il cielo”. La domanda ci scuote profondamente e ci fa arrivare ad un altro aspetto dell’Ascensione. La partenza di Cristo dà il via alla missione della Chiesa, il credente non è un essere inattivo che guarda in aria in attesa di essere “portato in cielo” accanto al suo Signore: egli invece è chiamato ad attenderne il ritorno e nel frattempo deve camminare portando ad altri, “a tutti i popoli la conversione ed il perdono dei peccati” (Vangelo).
L’Ascensione ci chiama ad essere messaggeri di fede e di speranza, di attesa e di azione, di perdono e di fraternità.
Con l’Ascensione inizia l’attesa dello Spirito Santo che Cristo, per ben cinque volte, ha promesso nel suo discorso di addio definendolo Paràclito, spirito di verità, colui che istruisce e ricorda. Spirito Santo che ci fa comprendere Dio con l’aiuto di Dio.
In quest’ottica l’Ascensione si dimostra non una partenza, ma l’ennesima permanenza di Dio che non vuole, non riesce a stare lontano dall’uomo, ma che in mille modi lo cerca e lo avvicina, lo chiama e lo attende, gli parla e lo guida. Dio che non si contenta di aver mandato il Figlio, ci invia anche lo Spirito Santo perché ci ispiri parole ed azioni, ci santifichi e ci prepari ad incontrarlo per sempre e fin da ora ci unisca a Lui.
Gesù sale al cielo lasciando sulla terra le orme del suo cammino, anzi divenendo Egli stesso “via da percorrere” perché come Lui ogni uomo possa raggiungere il Padre mentre vive “nella speranza di raggiungere Cristo, nostro capo, nella gloria”.
L.R.
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