Rif.: Gn 14, 18-20; Sal 109; 1Cor 11, 23-26; Lc 9, 11-17
Oggi celebriamo la “Solennità del Santissimo Corpo e Sangue del Signore”, una definizione che parla di un mistero che è offerta, rendimento di grazie e comunione. Tali sostantivi indicano allo stesso tempo le azioni compiute da Gesù in diverse occasioni e definiscono sia la s. Messa che il Sacramento dell’Eucaristia.
Comprendiamo meglio guardando al Vangelo che ci riporta alla moltiplicazione dei pani: quando Gesù prese i cinque pani e i due pesci e, alzati gli occhi al cielo, li benedisse e li fece distribuire alla folla. Gesù ripeterà questo gesto nell’Ultima Cena quando, rendendo grazie, spezzò il pane dicendo “prendete questo è il mio Corpo” e lo distribuì agli apostoli. Gesù quindi ringrazia il Padre per quel Corpo che sta per offrire sulla Croce, per quel Corpo che darà nutrimento e forza e non importa se prima dovrà soffrire e morire. Gesù dunque ringrazia il Padre per se stesso, per quello che è, per la missione che gli è stata data, per la vita che sta per donare. Comprendiamo allora perché all’inizio della Messa la Chiesa ci fa invocare il Padre chiedendogli che la nostra vita “diventi un rendimento di grazie”, perché siamo noi i destinatari del dono mirabile che è il Figlio e perché anche noi come Cristo abbiamo ricevuto, un corpo, una vita, una missione. E se vogliamo effettivamente seguire Cristo tutta la nostra vita deve essere un rendimento di grazie nei momenti di gioia e in quelli della croce. Gesù poi offre il suo Corpo ai discepoli perché lo mangino, lo triturino, fino ad assorbirlo, a nutrirsene, a metabolizzarlo: offre il suo Corpo al Padre perché se ne serva come il corpo di un agnello che immolato ottiene il perdono e la salvezza per gli offerenti. C’è una frase nel Vangelo di oggi che colpisce in maniera particolare: “Voi stessi date loro da mangiare” una frase che sembra sia profezia che mandato. Profezia perché in avvenire saranno gli Apostoli e loro successori a consacrare e distribuire il Corpo del Signore e mandato perché forse indica che come Lui, anche i suoi discepoli devono offrirsi al Padre e ai fratelli nella totalità del loro essere, senza riserve. Non si può portare Cristo senza offrire se stessi con Lui, il proprio tempo, il proprio affetto, la propria attenzione e dedizione all’altro, la disponibilità e l’accoglienza che fanno sentire l’altro al centro, così come Cristo che ha posto noi al centro della sua attenzione, del suo amore, della sua dedizione quando ha detto: “Questo è il mio corpo offerto per voi”.
C’è poi il terzo, ma non ultimo termine: la comunione. Quando Gesù moltiplica i pani e i pesci ha a disposizione una piccola quantità di cibo che si moltiplica man mano che viene diviso con gli altri. L’insegnamento che ne scaturisce è duplice: primo, a Dio non è necessaria una grande quantità, egli moltiplica il poco, a Dio basta il poco che siamo per diventare molto nelle sue mani.
Gesù diventa cibo per entrare più profondamente in noi, per assimilarci a Lui, Egli non limita l’offerta di sé alla nostra sola salvezza, ma va oltre diventa “cibo” perché nutrendoci di Lui gli assomigliamo con maggiore intensità, riceviamo la forza che è la sua forza, riceviamo il suo corpo che è al tempo stesso il suo corpo fisico e il suo corpo che è la Chiesa, l’umanità intera per la quale si è offerto.
Non si può celebrare la “Solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo” senza diventare con Lui, per Lui ed in Lui un rendimento di grazie e un’offerta al Padre, senza sentirsi in comunione con Dio e con i fratelli redenti come noi dal suo stesso Corpo e Sangue.
Quando il sacerdote ci offre l’Ostia consacrata dice:
Corpo di Cristo, e in queste parole è racchiuso il mistero di un Amore che nel donarsi non si divide, né si esaurisce ma si moltiplica fino a sovrabbondare (cfr. Vangelo) affinché nessuno resti escluso e sia saziata la fame anche dell’ultimo uomo sulla terra.
Amen, noi rispondiamo accogliendo Dio che viene, Umile Amante, a donarsi per farci suoi!
Chi sei Dio, che perdoni il nemico e lo rendi figlio,
che dimentichi le offese e le cancelli,
che attendi al di là di ogni ritardo.
Chi sei Dio, tanto grande e tanto umile?
Pronto a donarti a chi ti rifiuta
A perdonare chi ti offende
A dare vita a chi, disperato, si avvia alla morte.
A dare conforto e speranza a chi ti nega.
Chi sei Dio che vieni a me con amore di Padre
Con confidenza di Fratello,
con dedizione di Amante?
Chi sei Dio, mai rassegnato a starmi lontano
che per me spalanchi la tua eternità
e ti fai cibo perché io possa avere la forza di raggiungerti?
Chi sei Dio?… e nel dono di Cristo tuo Figlio
Io riconosco il tuo volto,
il volto radioso dell’Amore!